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Web Contest: serve il contesto!

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Contest via Shutterstock

I contest online, in particolar modo quelli svolti sui social media, stanno proliferando e da anni assistiamo allo sbarco da parte delle aziende che decidono di investire tempo e risorse su questi canali di comunicazione.

Un po’ per moda, un po’ per reali esigenze, i brand sembrano fare a gara a chi sviluppa l’iniziativa più creativa e innovativa per catturare il proprio target.

La realtà è che non sempre questi strumenti sono la strada più consigliabile e non sempre le marche li sfruttano per le potenzialità che avrebbero.

FUORI REGOLA

In primo luogo, noto con amarezza che molti dei contest che vengono svolti non sono in regola.

Soprattutto il mondo delle PMI tralascia le regole base, sfruttando il fatto che non esiste un ente attivo che monitora lo svolgimento di queste manifestazioni a premio o concorsi.

Il Ministero vigila “passivamente” e spesso si rende protagonista per sottolineare i cavilli burocratici a chi cerca di fare tutto in regola piuttosto che colpire chi dal Ministero non ci passa proprio. I notai o funzionari camerali non hanno un ruolo di vigilanza (svolgendo un altro lavoro), ma si limitano a registrare il corretto funzionamento di ciò che viene proposto loro.

E i social non sono di certo dalla parte di chi si documenta per essere in regola. Prendiamo Facebook: vieta l’uso di condivisioni e TAG, e subisce la norma del MISE che obbliga al principio di territorialità, senza dare per altro strumenti tecnici per portare avanti iniziative così complesse.

Creare un qualcosa solo su Facebook diventa perciò impensabile (oltre che illegale). Ma nessuno punisce o sanziona chi non segue queste direttive.

FUORI CONTESTO

In più, al caos generato dagli aspetti tecnici, si aggiunge la confusione (sopratutto mentale) di chi queste iniziative le organizza.

La creatività schiaccia l’usabilità: per inventarsi di tutto e di più, i guru dei social e del marketing spesso si sbizzarriscono in iniziative bellissime, ma che risultano contorte logicamente.

Oppure, si manca di chiarezza nelle informazioni: il target non vi ascolta più di tanto per cui anche se nel regolamento che stendete sono specificati passaggi e cavilli, nessuno si prenderà mai la briga di leggere pagine e pagine di burocratese. Semplicità, questa sconosciuta.

Ancora, spesso non vedo valorizzato l’investimento in tempo e stress che si chiede ad un utente: riempire form (con dati sensibili), caricare materiali multimediali, obbligo di viralizzare. Insomma, all’utente si chiede molto, forse troppo. Il risultato? Brand con milioni di consumatori si ritrovano contest con poche centinaia (se va bene) di partecipanti.

E ancora: si accede al web da desktop e da mobile. Da app e da TAB. Da Samsung e da Apple. Da iPhone 4 e da iPhone 6. E non si può ignorare tutto questo. “Eh lo so ma da Explorer questa funzione non si attiva” è un aborto logico, perché non solo si perdono potenziali partecipanti, ma si crea un’esperienza di brand negativa.

FUORI LOGICA

Ma ci sono anche altri aspetti da considerare: il contest è uno strumento. Strumento che va adoperato per raggiungere obiettivi che non possono risiedere all’interno del mezzo stesso ma devono riguardare la comunicazione, il marketing, il business. 

Awareness, convolgimento, vendite, lead. 

Qualsiasi sia l’obiettivo, lo strumento deve essere funzionale al raggiungimento di questo: un’azione tattica, inserita in un piano strategico.

FUORI TARGET

Il target di queste iniziative non può essere il mondo dei concorsisti. Deve essere il vostro target reale

Altrimenti buttate via soldi e tempo e vi create audience fuori target che non aiutano il vostro business.

FUORI BRAND

In più un’azienda deve avere la credibilità per fare contest. 

Se da sempre sviluppate una comunicazione istituzionale, non potete pensare di cambiare tono, voler giocare sulla viralità e su linguaggi 2, 3, 4, 5, 9 punto 0 così, all’improvviso. Serve un lavoro a lungo termine. Serve costruire un brand dialogico, prima di essere e vendersi come un brand dialogico. Altrimenti queste iniziative sono salti nel buio.

FUORI CONTROLLO

Mi stupisco anche di come si accetti di sviluppare queste iniziative senza pretenderne il pieno controllo. In tanti contest che vedo online ci sono moltissime variabili che potrebbero andare storte eppure si intraprendono a cuor leggero. Spesso va tutto liscio, altre volte no, come dimostrano i tanti epic fail che vengono rimbalzati ogni giorno dai vari siti di necrologi di marketing.

Un esempio? La votazione tramite like su album fotografico. Ok, Facebook la permette. Ma non fornisce assolutamente gli strumenti per gestirla (e se vi arrivano 1.000 proposte e tutte all’ora X hanno più o meno lo stesso numero di like, come gestire la cosa?).

Insomma, credo che questi strumenti abbiano grosse potenzialità, ma non sono adatti per tutte le Aziende. Anche perché servono migliaia di euro per svilupparli e spesso il gioco non vale assolutamente la candela.

Molto meglio fare ADV. Paghi a risultato, paghi per conversione e i costi per contatto se fate due conti sono estremamente più bassi, così come più alti sono i risultati che otterrete.

Lunga vita ai contest, ma contestualizzati.

 
 
AUTORE

Marco Vangelisti

Marco Vangelisti, classe 1987, toscano DOC, appassionato-curioso-esperto di comunicazione, marketing e social media, tanto da trasformare questi in un lavoro. Mi piace avere la vita piena e vivere sotto stress, per poi scaricarlo con lo sport e la musica. Vedo il bicchiere mezzo pieno e rido di gusto.
 
 

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