Torno con piacere su un tema che mi preme molto partendo da un commento di ilpiac sul post dedicato a “vendere il social” in risposta al mio sollecitare una figura o un ente che accrediti i professionisti del social media marketing in Italia, non solo lato “etico” come fatto da wommi dell’amico Stefano Vitta (tra gli altri) ma anche e soprattutto per competenze. Veniamo al commento:
Sul ruolo di accreditatore di competenza “super partes” ho qualche dubbio.
Mi spiego meglio: è veramente necessario cioè l’unica via percorribile per assicurare la qualità al cliente o comunque a chi si rivolge al professionista “certificato”?
Mi faccio questa domanda perché, a mio modesto avviso, almeno qui da noi c’è un amore troppo viscerale per certificazioni/certificatori/albi di settore. Insomma, ammettendo che tutto questo abbia il fine precipuo di garantire la qualità e la professionalità, il rischio è però di costruire troppe “caste” e circoli ristretti che poi, alla prova dei fatti, spesso non garantiscono tanto i clienti/i terzi quanto gli stessi appartenenti 😉
Non esisterà un’altra via, diversa dall’albo e dalla certificazione, per garantire la competenza?
Ovvio, è una domanda che mi pongo e la risposta potrebbe benissimo essere un sonoro “no”.
Io non credo e non voglio credere che la compilazione di un test on line a crocette possa garantire la professionalità di una persona, mi sembra però ormai palese che gli equilibri di potere in questo mondo, come forse nel mondo in generale, non sono assolutamente definiti. Individuo almeno tre attori:
- quelli che si sono fatti da soli: consulenti o super consulenti che con passione e voglia hanno costruito una competenza e sull’onda della stessa hanno sviluppato il proprio business.
- le agenzie: realtà di vario tipo che hanno intravisto nel social un’opportunità lavorando su cross selling e up selling sui propri clienti.
- i superconsulenti: figure poliedriche e già “quotate” in altri mondi anche interni all’advertising che si accreditano come esperti grazie alla migrazione delle proprie esperienze da altri mondi ai social media.
Fin qui niente da dire, il mio dubbio però è legato alle dinamiche commerciali del social media marketing ed in particolare al fatto che visto che in questo mondo non esistono costi di entrata e non hanno valore esperienze pregresse (perchè nessuno ha esperienza su una cosa cosi nuova), esperienze che possono invece contare ad esempio nell’adv tradizionale, mi chiedo: i più bravi a fare social media marketing sono davvero quelli al lavoro sui clienti migliori? Sono loro a gestire i progetti più belli, interessanti, di valore? E ancora sono i progetti dei clienti più grandi quelli di maggior valore? Ne dubito..
La mia sensazione è che tutti in questo per fare il salto di qualità debbano legarsi a tre leve:
- Milano
- La presenza prezzolata ad eventi importanti
- Un’attività di PR anche “1.0” che va oltre “le conoscenze giuste” e abbraccia ad esempio una presenza sulla stampa specialistica nazionale
E’ un mondo che non mi convince ma che mi vede attore e che non rinnego. Non capisco però se esiste un’altra via rispetto “all’entrata nella club dei pochi” (qualcuno direbbe “la cricca”) e se è possibile un riconoscimento di competenze anche a piccoli che intendono restare tali o che intendono lavorare nel social dal social per il social senza puntare all’acquisizione da parte del centro media, al cliente enorme o alla sede a Milano. Ci sono altre regole per sostenere la crescita o la via tracciata è l’unica possibile?