Prendo in prestito il celebre titolo del film di Peter Howitt del 1998 per trattare un tema che ho molto a cuore: la professione (bistrattata) di consulente social media.
Questa professione, assieme a tutto il lavoro che normalmente si fa in una web agency, è alle porte di un bivio. Ma qua, a differenza di “sliding doors”, non è tutto nelle mani del destino. Si tratta di consapevolezza e del prender atto di come si sta trasformando questo mondo.
Quello che troverete in questo post è frutto di una considerazione maturata a mente fredda e che, mi duole dirlo, scoccia constatare anche a me. Ma meglio essere consapevoli e fare le giuste mosse piuttosto che restare di stucco quando ormai è troppo tardi: il ruolo di social media consultant è profondamente a rischio.
Dico questo perchè è fin troppo chiaro che sia opinione comune non capire il vero lavoro che c’è dietro alla gestione professionale di un social per un’azienda, che deve saper essere integrato all’interno di una strategia di marketing e comunicazione pianificata, volta a massimizzare e valorizzare gli obiettivi a breve e lungo termine posti da un brand. E sì, mi riferisco anche ad obiettivi di business.
Poichè oramai chiunque è capace di usare i social a livello personale diventa sempre più difficile scindere tra un uso aziendale e personale di questi ultimi. Ed è bene, invece che continuare a far le lotte contro i mulini a vento, accettare questo.
Lo dico a malincuore, ma sono sempre più convito che questa sia la strada.
Anche se un’agenzia mette a disposizione un gruppo di uomini competenti, dall’esperto SEO al grafico, si fatica a comprendere il vero lavoro che viene svolto gestendo i social per un cliente.
Si possono prendere allora due strade. Divergenti.
- Continuare a difendere la professione (il che sarebbe anche giusto), facendosi pagare per la professionalità e la specializzazione offerta, oltre che il lavoro complesso che si porta avanti. Facendo così la meta è scontata: restare isolati in un mondo che si svende per necessità.
- Smettere di chiedere, soprattutto rivolgendosi al mondo delle PMI, cifre (di per sè giustificate) che toccano o si avvicinano alle 4 cifre. E’ inutile stare a dire che un’agenzia o un consulente deve pur vivere. Verrebbe da pensare abbasso la qualità del lavoro, prendo molti clienti a pochi spicci e alla fine del mese la pagnotta è racimolata. Lavorare 12 ore al giorno (se non 15), fine settimana compresi. Dopotutto c’è la passione no? Son convinto che così la professione si manterrà in vita.
Mi casca la lacrimuccia.
Possibile non capire che non si tratta di fare un Pin o scrivere un tweet? Possibile ostinarsi a chiedere sarcasticamente “quanto tempo impiegherai mai a fare un post su Facebook?”. Possibile essere così chiusi da non comprendere che si potrebbe lavorare anche 24 h al giorno per un solo cliente?
C’è un rapporto tempo/soldi da considerare, care PMI. Una persona onesta che deve pur vivere deve prendere X soldi. Si tratta di una semplice equazione, fatta da 2 variabili: la X (i soldi) e la Y (le ore di una giornata). Il cui rapporto dà Z (break even point, che italianizzato sta per “mantenimento più o meno dignitoso”).
Dunque se te mi dai 10 come soldi e a me serve 10 per vivere va da sé che tutto il tempo lo dedico a te, caro cliente. E il lavoro che andrò a fare, oltre ad essere completo, efficace ed esauriente, sarà ottimo. Ma se te mi dai 0,5, per vivere mi serviranno 20 clienti. Ipotizzando una giornata di lavoro di 12 ore beh, capisci che io non posso far altro, veramente allora, che mettere 3 posts al giorno sulla tua pagina FB.
Allora confermo la tua teoria? Eh, alla fine sì. Il mio lavoro consiste nell’aggiornare 2/3 volte al giorno i tuoi profili social.
E io lo faccio. Disincantato.
Ma sappi, cara PMI, che è tutta colpa tua.
Ed è colpa tua anche se questa professione di sta scindendo in due.
Chi ha la fortuna di lavorare per realtà grandi o comunque con menti illuminate che gli permettono di svolgere il suo lavoro in tutta la sua completezza e chi tira avanti con clienti che odia, per i quali svolge il compitino che svilisce la professione e intristisce a livello personale chi la pratica.
Ma qua non si tratta di sliding doors. Semplicemente sono due lavori completamente diversi.