Sarà la crisi, sarà che Facebook non costa più 100 euro al mese (solo perché chi proponeva questi prezzi è uscito dal mercato, visto che lavorava talmente male che erano comunque un costo), fatto sta che la percezione di un web “cambiato” nelle PMI è netta. Il nuovo eldorado è il lead, finalmente le aziende comprendono che non è più un tema di solo contenuto, ma anche e soprattutto di promozione dello stesso. Il concetto di Lead Generation è oggi molto più familiare e molto più giusto nel perseguire un’obiettivo di marketing. Ma perché le PMI fanno ancora fatica a digerire il marketing come scienza più che la comunicazione come racconto? Importantissima questa seconda, ma non esclusiva. Credo che le motivazioni siano essenzialmente tre:
La misurabilità del lead non è chiara in primis agli addetti ai lavori, è molto più facile per il “consulente advisor” supportare l’azienda nella misurazione (e stanare eventuali sacche di inefficienza) che per l’agenzia fornire report veritieri sulla parte di lead generation, limitandosi invece a quelle vanity metrics che fanno contenti tutti
Se il fornitore piange, l’azienda non ride. La lead generation è infatti un tema di business intelligence e non di web marketing, quando la richiesta viene passata alla direzione commerciale, e magari questa non si parla con l’ufficio marketing (anche se parliamo di due persone in tutto a comporre entrambi gli uffici), si genera un buco nero in cui il meccanismo di feed back si inceppa, con ovvie conseguenze di non-misurabilità
Oggi purtroppo lead generation significa soprattutto performance marketing, i progetti di contenuto sono strategicamente vincenti nel lungo periodo, ma nessuno ha più tempo e voglia di aspettare il lungo periodo. Quindi la droga chiamata Adwords o Facebook Ads gira a profusione, buona perché fonte di denaro fresco, spesso sostenibile, ma rischiosa perché vincolante al volere di un padrone che non è più il sito aziendale, tutti sono pronti a chiedere sempre di più di fronte alla minaccia di chiudere i rubinetti
Non è tanto nella vanità del KPI che va cercata la soluzione a questi problemi. È più forse in figure competenti, come i cronometristi di un tempo, persone che tastano il polso alla situazione aziendale e limano gli acronimi (CPC, CPL, CPS) con l’obiettivo di portare a casa risultati tangibili per le aziende. Se siete ancora incerti, forse partendo da una dashboard potrete convincervi della necessità di misurare davvero.