Abbiamo parlato con Fabrizio Martire, CEO e cofondatore di Gummy Industries, di innovazione, imprenditorialità e Pane, Web e Salame (al quale non potrete mancare venerdì 3 ottobre!).
Raccontati ai nostri utenti.
Sono Fabrizio Martire. Il mio percorso è cominciato all’Università di Brescia, dove dopo una formazione economica ho frequentato un corso di laurea specialistica nel quale economia e comunicazione dialogavano.
Successivamente ho avuto esperienze di consulenza e di direzione e organizzazione aziendale, durante le quali ho approfondito il funzionamento dei modelli collaborativi all’interno delle aziende.
Poi è arrivato il progetto di agency, ha funzionato e abbiamo messo in piedi Gummy Industries, che oggi si occupa di digital marketing a 360°.
Il format Pane, Web e salame è ormai conosciutissimo. Com’è nata l’idea?
Davanti a una birra, nel 2010.
Io, Alessandro Mininno e Davide Dattoli, legati a comunicazione, strategia e marketing, volevamo creare un contenitore caldo e amichevole che permettesse di abbattere le barriere tra le persone in cui gli imprenditori raccontassero i propri casi personalmente. Da allora, siamo giunti alla quinta edizione e ogni appuntamento affronta tematiche diverse.
Lo scopo è divulgativo, volevamo diffondere nel territorio la cultura digitale.
Sei legato a qualche particolare edizione?
Diciamo che ricordo con particolare piacere la prima e la terza edizione.
La prima, è stata la più efficace per la provincia e per gli intenti: avevamo invitato casi piccoli, locali e provinciali.
Era la prima volta che le persone parlavano di internet senza saperne, c’era molto stupore.
Alla terza edizione invece avevamo invitato le grandi aziende che operano nel nostro settore per sviscerare il tema della comunicazione.
È stato un grande momento di confronto per noi, anche se ricordo che i negozianti si rivedevano poco nei casi trattati, avevano intenti diversi rispetto ai casi da milioni di budget.
Oggi invece il 50% di persone che partecipano a PWS sono operatori del settore.
Qual è l’approccio delle aziende al marketing digitale?
In riferimento al mio territorio, mi sento di dire che molte aziende bresciane sono legate a vecchi modi di fare business e intessere rapporti, ma l’economia è cambiata. E bisogna parlare di questi temi.
La predisposizione al cambiamento è secondo te legata all’età del management?
Assolutamente no, si tratta di una questione transgenerazionale. Bisogna educare le aziende, mostrare loro che le cose stanno cambiando. Le aziende nelle quali si sta verificando un cambiamento sono quelle dove c’è il confronto, e che hanno all’interno una composizione diversa con un management disposto ad ascoltare.
Perché secondo te oggi un’azienda dovrebbe essere sui social media?
Perché oggi sono due le leve di successo: essere digital ed essere ultrafocalizzati, al fine di proporre qualcosa che sia diverso dagli altri.
Leve che permettono di creare un’identità e puntare all’unicità, quindi raccontare la propria storia sarà sicuramente un successo.
In questi tempi di crisi tutti vedono la soluzione nell’innovazione, ma cosa vuol dire innovare per una PMI?
Per me innovare vuol dire guardarsi intorno, essere focalizzati e riuscire a capire il linguaggio della rete.
Adeguarsi al cambiamento senza cadere nella fuffa.
Lo scenario futuro del digital marketing italiano: come lo vedi?
Secondo me le agency manterranno tutte le leve strategiche e andranno sempre più verso la produzione di contenuti.
In questi termini ci si sta evolvendo sempre di più verso la creazione di video. La rete resterà il mezzo di trasmissione ma cambierà il linguaggio, sempre più proiettato verso video e contenuto.
L’engagement diverrà di così alto livello che le agency saranno al confine tra ciò che fanno ora e il divertimento, andranno a disegnare esperienze in più e nuove.
Tra lo storytelling e il format ci sarà l’agenzia.