Non è certo nuova l’idea di poter pensare la città come un organismo vivente che si trasforma, cambia abitudini e comportamento influenzando così la vita stessa di chi la abita. C’è addirittura chi sostiene di aver trovato una vera e propria formula per calcolarne il cambiamento. Meno scontato, a pensarci bene, è cogliere al volo queste metamorfosi per sfruttarle come strumento di marketing territoriale o politico.
Neanche a dirlo, il mondo del web 2.0 può essere molto utile. Un buon esempio è il caso di MyBlock New York City che coniuga due degli elementi che per primi si sono sviluppati con la rete peer to peer: mappatura e videosharing. I due creatori del progetto, Alex Kalman e Alex Rickard, credono infatti che possano essere sfruttati vantaggiosamente legandoli all’esplorazione urbana, concetto caro a ogni amante della città.
MyBlock permette di esplorare New York City attraverso gli isolati (unità costitutive della sua organizzazione spaziale) dalla prospettiva dei cittadini, permette di creare video, caricarli, localizzarli e condividerli. Il lancio del servizio è avvenuto circa un anno fa grazie a partnership con alcune scuole pubbliche newyorkesi e l’esposizione al Talk to me del Moma, spazio dedicato a progetti avanguardistici, pensato per facilitare la comunicazione tra innovazioni tecnologiche e pubblico.
La novità rispetto altre piattaforme simili la illustrano gli stessi fondatori in questo stralcio di intervista.
Che cos’è MyBlockNYC?
A. Kalman: è un sito che permette di condividere video – suddivisi geograficamente o tematicamente, attraverso una serie di categorie basiche come cibo, sport, trasporti, crimine – su una mappa.
Il progetto è nato da un’idea banale. Volevamo catturare e condividere piccoli momenti di vita quotidiana e le piattaforme esistenti erano limitate: non garantivano un’organizzazione coerente ai contributi per comunicare qualcosa sulla città. L’impulso che ha guidato la nascita del sito è “Sono interessato a questa idea o a questa parte della città, lasciami esplorarla”. Il concetto di esplorazione è fondamentale. (…) Crediamo infatti che i momenti documentati e condivisi con video costituiscano dei piccoli isolati di una nuova città, una città personale che può essere esplorata da chiunque al mondo.
Gli utenti possono iniziare un viaggio attraverso aree basate sui propri interessi. Possono disegnare il proprio paesaggio e costruire la propria città con una fusione di tante differenti visioni e interpretazioni personali. (…) La molteplicità di queste realtà crea il quadro di un’intera comunità.
In cosa è diverso dagli attuali siti di videosharing o dalle piattaforme di mappatura urbana?
A. Rickard: molte persone hanno comparato MyBlock a Google Map. Google Map e tutte le Street view sono strumenti molto potenti che, però, mostrano solo auto parcheggiate in particolari strade o di fronte a edifici, localizzano le stazioni di metropolitana più vicine o su quale lato della strada è situato un ristorante. Ma nulla dà il senso della vita vissuta, della cultura o della comunità di quel preciso quartiere.
Con MyBlock si va oltre la superficie visibile per rendersi conto di cosa sta accadendo in un dato isolato, di come sono le persone vi vivono, aggiungendo alla semplice mappatura una dimensione esperienziale ed esplorativa mai vista prima.
In cosa è diverso da altri database o archivi di immagini urbane?
A. Rickard: il sito vuole diventare un archivio vivente della città, documentando la trasformazione nel tempo dei quartieri. Credo sarà un’immensa risorsa per i futuri storici, ma anche per le persone che vogliono comprendere come stanno cambiando i luoghi.
A. Kalman: (…). Le esperienze con le scuole del Bronx hanno dimostrato come un’interfaccia come quella di MyBlock possa creare opportunità per comunità distinte di mescolarsi in modi che diversamente non potrebbero fare.
Parlateci di questa collaborazione.
A. Kalman: quando abbiamo iniziato a immaginare MyBlock, abbiamo anche iniziato a pensare ai ragazzi che vivono a New York e alla ricchezza delle loro esperienze. Far sentire la loro voce ci è sembrato da subito molto importante, come anche far capire loro il potere potenziale dell’uso creativo dei media.
Così ci siamo chiesti, quanto sarebbe stato meraviglioso se i ragazzi avessero potuto produrre mini-documentari sugli isolati in cui vivono o frequentano come compito a casa. Potrebbe essere un’opportunità per rappresentare la propria identità come parte di una comunità. (…) Abbiamo allora messo in piedi un programma scolastico flessibile, che si adatti alle esigenze di ogni istituto: se non hanno videocamere, gliele prestiamo, se non vogliono occupare un intero semestre per il progetto, c’è una versione del programma che prenderà solo un paio di settimane. Se non hanno soldi va bene comunque, perché il programma è gratuito.
A. Rickard: molti studenti non avevano mai preso in mano prima una telecamera e un insegnante ci ha confidato che da quando ha visto il video di una sua studentessa, ha una visione molto più lucida di cosa i suoi ragazzi vivano ogni giorno.
Fatemi qualche esempio su video prodotti dagli studenti.
A. Rickard: un bell’esempio è il video di Jamal (…) che ha documentato un omicidio avvenuto nel proprio palazzo. Il ragazzo non solo ha fotografato la scena del crimine, ma ha fornito un accesso diretto, immediato e alternativo dell’episodio alla propria comunità.
Avete sviluppato un programma scolastico che invoca “le possibilità civiche dei video”. Cosa intendete con “video civici”?
A. Rickard: credo che caricare un video su MyBlock sia come partecipare alla definizione e ridefinizione della propria città, su come la viviamo, su cosa ci piace, su quali sono le nostre preoccupazioni e cosa cambieremmo. (…)
Quando e perché è emerso l’interesse per gli isolati come struttura organizzativa su cui far ruotare i video?
A. Kalman: quando abbiamo iniziato a chiederci “Qual è l’unità tangibile di New York City?”. Vi è un mondo intero in un isolato di New York. (…) L’importante era capire come venisse esperito il paesaggio urbano. Molti siti di mappatura usano la “puntina a goccia” per segnare una località, ma è un simbolo che non indica un aspetto concreto dell’esperienza urbana, non ha una relazione preesistente con l’architettura o la configurazione della città.
Che cosa pensate che gli utenti di MyBlock possano imparare su New York esplorando il contenuto del sito?
A. Kalman: meno sui fatti e molto di più sulle sfumature del luogo. L’esempio è una donna giapponese che ha vissuto a New York e si è poi ritrasferita nella sua terra d’origine. Quando qualcuno ha condiviso con lei MyBlock ci ha fatto sapere che visitandolo si è commossa: l’ha trovato come un modo per riconnettersi con un posto che amava.
A. Rickard: New York è un insieme di luoghi diversi. Quando si vede un video in rete che rappresenta un luogo di questa città, non c’è un modo immediato per giustapporlo alla visione da un altro punto di vista. Ecco quello che invece fa MyBlock.
Pensate che questo modo di rappresentare la città con storie e immagini possa sfidare alcune nostre convinzioni e l’immagine statica con cui siamo abituati a immaginarla?
A. Rickard: la cosa realmente eccitante è che i politici, e tutti coloro che si occupano della propria città, possono usare questo strumento per capire cosa sta realmente accadendo dato che, spesso, le statistiche su cui basano le proprie decisioni mancano di esperienza effettiva. È un modo diverso per avere una percezione migliore di com’è un quartiere, sia che ci si viva o meno.