Vi prego di prendere queste poche righe non come una presa di posizione, una raccolta di supponenze o arroganza. Vi prego di leggerla come un vero e proprio spunto di riflessione, e soprattutto di informazione per chi in altri tempi faceva questo mestiere ed oggi si trova a vendere non più solo annunci su un catalogo o spazi televisivi o sui giornali, ma anche il fatidico e fatale web marketing. Oggi all’ennesima chiacchierata iniziata con “abbiamo un accordo con Facebook e Google” e “possiamo garantire le impression” ho pensato che fosse giusto chiarire 5 cose, almeno:
- Avere un accordo di reselling con Facebook e Google è un vanto, ma solo se si è pronti a tenere la parte buona di questo accordo. Pensiamo a Google, una società che guadagna facendo pagare i click alle aziende, ed al tempo stesso dà consulenza alle aziende nel pagare i click meno possibile. Ci è chiaro che Google munge la mucca e non la uccide, ma la figura del conversion rate optimizator è proprio deputata ad aiutare le aziende con una modalità “super partes” per massimizzare al tempo stesso gli interessi del cliente e del reseller di pubblicità (in questo caso Google)
- Altra cosa è vendere o sottilmente far percepire “particolari e vantaggiosi accordi” tra Google e i partner che vi trovate di fronte, a nostra esperienza non esiste un reseller italiano in grado di “posizionarsi meglio o prima” su Google o Facebook grazie ad accordi particolari, forse chi acquista spazi esclusivi di native advertising o display su realtà come Corriere o Repubblica può vantare tale valore, ma non certo una rete commerciale di reselling
- Le metriche della vanità sono un nostro cavallo di battaglia, e nulla più delle impression rappresenta una vanity metric. Per questo motivo non c’è da vantarsi nel proporre impression, c’è da vantarsi nel lavorare forse a costo per lead, action, o alla brutta click, ma non certo sulle impression
- Oggi sempre più spesso le aziende hanno uno stagista che ha seguito un corso di Giorgio, legge il blog di Riccardo o Francesco etc.. Per questo motivo è sbagliato da parte, è quindi sempre più difficile dire “vi portiamo su Facebook” parlando senza cognizione di causa, perché è del non avere cognizione di causa che stiamo trattando. Lo stagista che entra in riunione in un caso su due ne sa più del commerciale che parte con le armi scariche e dialoga su un terreno che, si vede lontano un miglio, non è il suo. Qui parlo ai capi di agenzie di media planning tradizionali che vedono nel web un’opportunità: fate 6 mesi di training per voi e la vostra rete commerciale, poi vendete il web (ci sono davvero tante tante risorse gratis o quasi per cominciare a sbagliare meno, penso a persone come Rosa, Giorgio, Miriam che stanno lavorando e anche bene sulla leva video.. gratis!)
- La misurabilità totale del web non vi mette in condizione di dire “siamo primi su Google per..” passando per professionisti. Prima di vendere le metriche del vostro portale come stupefacenti valutate per favore che il blog corporate del cliente non faccia le stesse visite, già visto anche questo.
Lungi da me attaccare o aggredire chi fa con onestà il proprio lavoro. Visto però che il web come per la terra che viviamo “è di tutti”, è nostro dovere non rovinare un settore competitivo ed un mercato che in realtà ha anche parecchio da dare volendo. Proviamo tutti a fare un po meglio assieme?
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