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Lead generation: perché sappiamo ancora troppo poco

lead

Quante volte avete letto articolo prosopopeici, soprattutto nei titoli, su come guadagnare con internet? Tante, credo. Negli ultimi tempi ho avuto l’opportunità di seguire più progetti di lead generation rispetto al passato, ed ho capito che internet continua a tenere nascosta “la roba buona”, nel senso che tutti quei mondi che davvero possono generare valore non vengono esplorati dai blog più in vista, e spesso lasciati a scambi notturni di tecniconi che si scambiano esperienze vere sui forum. Per non essere sempre pungenti senza prove, mi riferisco ad esempio al corretto uso dei segmenti di pubblico su Adwords, un’accortezza che può variare del 30% le performance delle vostre campagne in una notte (è successo). Cinque motivi per cui stiamo sbagliando nelle nostre azioni di lead generation:

Siamo italiani: è vero che gli americani parlano a centinaia di milioni di persone, ma le risorse qualitative che i vari Hubspot e Marketo mettono a disposizione sono lontane anni luce dai progetti italiani, dove il solo Mailup sta percorrendo con successo questa strada. Prima parola quindi: studiare

La lead generation non è divertente per il consulente: vuoi mettere una bella campagna social? Generare lead è un mestiere da olio di gomito, lacrime e sangue. Si tratta di incrociare mezzi diversi, ottimizzare continuamente campagne, keywork, annunci e persone. E soprattutto si tratta di misurare in maniera asettica, mettendo da parte le proprie convinzioni. Fare lead generation significa mettere sul tavolo alla pari i social, le DEM, le campagne, e provare. Fino a che non si minimizza il “costo per” (lead, acquisizione, sale).. e poi si ricomincia. Quanto più divertente non è sputare concorsi a suon di selfie? Lo è, ma le aziende ci chiedono sempre più spesso di generare business. E il business passa dai lead

Le aziende hanno le loro colpe: più un’azienda è strutturata, più la burocrazia rischia di ucciderla. Più le campagne hanno successo, più di solito sono “cross mediali” e “multi channel”, il che significa solitamente 4 direttori con lo stesso grado di potere seduti allo stesso tavolo, ed ognuno vuole un pezzo del merito. Più queste persone collaborano, più il business arriverà

Non ne sappiamo abbastanza: il sogno di ogni lead generator è quello di dare ad ogni propect un nome, qui entriamo nella terra dei cookie che ben ha descritto Eli Pariser nel libro “the filter bubble”, da leggere. Il fatto è che oggi è possibile sapere molto dei lead e dei loro comportamenti, lavorando di test e attribuzioni, ma quello che sconcerta è che nessuno sa dove vanno a finire i lead. L’immagine che ho in testa mentre scrivo è molto chiara, ed è quella di un lead funnel, qualcosa di molto simile a quanto segue

funnel

Il problema è che tutti i funnel si fermano sul più bello. La parte più interessante, importante e complessa risiede nel qualificare i lead, posso anche abbassare da 60 a 20 euro il CPA, ma se quei lead sono fuori target.. cosa me ne faccio? Questo concetto è alieno ad almeno il 90% delle aziende (si pensi ad esempio ad un automotive dealer che non ha un feedback dal proprio venditore sull’esito della trattativa generata dal web)

Non misuriamo correttamente: la lead generation è matematica pura, e spesso un concetto banale come “minimizzare il CPA del lead migliore possibile in termini qualitativi” non passa il filtro. L’amministratore delegato vuole un colore particolare, il CMS non permette di fare A/B test, quel copy non si più cambiare perché ci piace così.. È fondamentale capire che per massimizzare i risultati tutto va messo in discussione. Anche le persone

Tutto questo non per scagliarsi contro i marketing manager o le aziende, semplicemente per dare conto di una grande opportunità per tutti, anche per i giovani che cercano lavoro.

 
 
AUTORE

Giorgio Soffiato

Markettaro per passione, dal 1983. Mente creativa e progettuale dell'azienda, fa chilometri e supera ostacoli in nome della rivoluzione arancione chiamata Marketing Arena. Cavallo Pazzo.
 
 

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