Prendendo spunto da un dibattito che si è innescato su MarketingArena, vorrei cercare di catturare la vostra attenzione per porla su uno dei classici pilastri del marketing: le cosiddette 4P.
Chiunque abbia studiato marketing, o si sia approcciato a tale disciplina, ha sicuramente affrontato il concetto di marketing mix, termine utilizzato per definire le variabili (o leve decisionali) a disposizione dell’impresa per l’implementazione delle proprie strategie di marketing.
Le leve teorizzate inizialmente da Jerome McCarthy, e poi riprese da moltissimi altri studiosi, sono meglio conosciute con il nome di 4P (product, price, place, promotion).
Con il passare del tempo però l’ambiente competitivo e i mercati si sono evoluti, e anche il marketing stesso è stato travolto da una veloce e in alcuni casi straordinaria trasformazione.
Le 4P teorizzate qualche decennio fa sembrano non essere più esaustive; tutto ciò ha portato studiosi e ricercatori ad ampliare il ventaglio di variabili del marketing mix.
Le proposte fatte sono davvero innumerevoli, dai fautori delle 6P (alle tradizionali variabili vengono aggiunte il Personal selling ed il Positioning), all’introduzione di variabili quali il marketing relazionale e l’internet marketing.
A questo punto viene allora da chiedersi se le 4P siano ormai diventate un “pezzo d’antiquariato da museo” o se abbiano ancora un ruolo importante e decisivo nelle scelte e nelle strategie di marketing.
Secondo il mio personale punto di vista non vi è dubbio che il marketing si sia evoluto e con esso anche alcuni principi che ne stanno alla base ma ritengo che le 4P siano ancora un pilastro fondamentale e un ottimo strumento di analisi, uno strumento però che merita di essere arricchito di nuovi contenuti che possano rispecchiare al meglio i cambiamenti cui abbiamo assistito negli ultimi decenni (penso ad esempio al ruolo cruciale che oggi svolge il marketing relazionale e che nelle 4P non è contemplato).
Con ciò non voglio assolutamente affermare la superiorità della “teoria delle 4P”, ma allo stesso tempo non ritengo nemmeno che si tratti di un elemento del marketing da “gettare nel cestino”.
Voi che ne dite?
Thomas Longo