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La rivolta dei comunicatori

Interessante dibattito in corso sul tema “utilità del corso di laurea in Scienze Della Comunicazione”, protagonisti diversi a dire la propria su un argomento che di certo non può vantare “una verità” ma che chiama chi opera in comunicazione ad una riflessione forte. L’Associazione dei Dottori in Scienze Della Comunicazione non ha preso bene l’uscita del ministro Gelmini, che di seguito riportiamo, via Giovanna Cosenza:

Proprio la Prof.ssa Cosenza rimanda ad un articolo di Andrea Cammelli, direttore del consorzio Almalaurea, che presenta dati interessanti ed oggettivi sulla posizione lavorativa dei laureati in comunicazione. Mi permetto di dire che né la Gelmini né questa visione mi convincono, per diversi motivi. Innanzitutto la risposta dei comunicatori è quantitativa, si dimostra infatti che i laureati in comunicazione lavorano, e lavorano più degli altri e più del passato. Si riporta però anche il preoccupante dato (qualitativo a mio avviso) legato ad una maggiore precarietà e a stipendi più bassi rispetto alla media nazionale. Volendo essere cattivi si intravede quell’aura di manovalanza che spesso costringe i laureati in comunicazione a stage, tirocini, ulteriori stage, etc.. Credo però che tutti stiamo sbagliando focus. La Gelmini che ha detto una porcata assurda visto che il ruolo della comunicazione è fondamentale, i comunicatori che in qualche modo ci dicono “non è cosi male come sembra” in difesa del proprio fortino e noi esterni che addossiamo alla laurea in comunicazione un problema che è in realtà della comunicazione in generale e non dei laureati che provengono dall’omonima laurea.

A mio avviso esiste un problema di posizionamento di mercato della laurea in comunicazione. La mia laurea economica in marketing e comunicazione per 3 anni non mi ha fornito praticamente nessuno strumento operativo di marketing e comunicazione, tanto che mi ha spinto ad aprire questo blog per capire come davvero va il mondo. Il plus di questo approccio è di certo legato all’ottenimento di un dizionario o codice di comprensione della realtà assolutamente impostato su statistica, matematica ed economie varie che preparano il laureato in economia ad un percorso strategico. La mia sensazione è che le importantissime basi culturali da cui invece muove la laurea in comunicazione, non siano così spendibili sul mercato. Sarebbe interessante comprendere quanti laureati in comunicazione dopo la triennale scelgono anche la specialistica rispetto a quelli in economia ed ingegneria e (forse una metrica di soddisfazione) e quanti invece scelgono di dare una svolta alla propria formazione cercando ad esempio conforto in un master. Paradossalmente Sdc in questo momento ha un problema di brand, poca parte della classe dirigente (che conta in fase di recruiting) è di estrazione di comunicazione e molti laureati sono insoddisfatti e sconsigliano questo percorso, principalmente per gli sbocchi lavorativi dubbi che esso offre. La mia idea è che i comunicatori non sono meno preparati degli altri, meno bravi degli altri, meno pronti. Semplicemente si propongono in un mercato in cui l’offerta strutturata di lavoro è bassa ed i posti a disposizione sono quelli di manovalanza generica in cui dopo uno stage vi è un altro laureato pronto a prendere il posto del precedente. E’ il problema anche degli economisti e degli ingegneri, figure però più poliedriche che mal che vada possono riciclarsi in amministrazione o all’ufficio tecnico, possibilità meno concessa ai comunicatori. E tutto questo è paradossale, viviamo in un’economia anche digitale dei contenuti in cui i comunicatori dovrebbero essere in pole position, e si trovano invece ricercatissimi ma sottopagati, ma soprattutto si trovano insoddisfatti del proprio presente e cupi sul futuro. Non parlo di formazione, i corsi sono di certo interessanti, ma di sbocchi di mercato.

Non so se questa visione è troppo estrema o “di parte”, di certo Sdc dovrebbe ripensarsi o riqualificarsi, aggregare i propri professionisti, a volte troppo radicati sulle rendite di posizione del passato che vanno però sgretolandosi (quante agenzie di PR off line hanno saputo cogliere la sfida dell’on line? E se poche, chi ha preso il loro posto?), spingere per una certificazione di qualità (se domani un ragioniere con un buon blog si inventa consulente di comunicazione può farlo, difficile invece passare l’esame di stato in ingegneria) ma soprattutto lavorare sui propri studenti per renderli parte di una community attiva e soddisfatta e non di una gilda di pentiti della propria scelta.

 
 
AUTORE

Giorgio Soffiato

Markettaro per passione, dal 1983. Mente creativa e progettuale dell'azienda, fa chilometri e supera ostacoli in nome della rivoluzione arancione chiamata Marketing Arena. Cavallo Pazzo.
 
 

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