HomeBlogStrategie di MarketingFuoriclasse, abilità e opportunità

Fuoriclasse, abilità e opportunità

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L’abilità non serve a molto senza opportunità. Questa frase è di Napoleone Bonaparte e credo ben riassuma la tesi di Malcom Gladwell, contenuta nel libro “Fuoriclasse: storia naturale del successo”. Il nome inglese del libro “Outliers” è molto esplicativo, si tratta infatti di quei dati statistici talmente anomali da non essere presi in considerazione, i picchi e le frenate fuori posto all’interno di quelle curve regolari che siamo abituati a vedere e analizzare nelle scienze sociali. Gladwell porta una sola, grande idea forte: la correlazione tra talento e successo non è diretta, e non è nemmeno la sola aggiunta di perseveranza a fare la differenza, per quanto personalmente una frase come questa appaia eccezionalmente di effetto:

il successo è una funzione della perseveranza, della caparbietà e e della propensione a impegnare ventidue minuti per trovare il senso a qualcosa che la maggior parte delle persone lascerebbe perdere dopo 30 secondi

Cosa si interpone tra talento e successo? Le opportunità fornite dal contesto:

  • ambientale
  • sociale
  • culturale

sono questi fattori i veri punti discriminanti nello sfornare geni come Bill Gates e Einstein, ma ancor più a cuore sembra avere Gladwell i geni mancati, i talenti canadesi dell’hockey che a causa della differenza di 11 mesi con i coetanei al momento della scelta di quelli che accederanno alle squadre migliori non hanno l’opportunità di accedere ad un sistema più professionale di allenamento e divenire quindi delle star e ancora gli studenti che “misurati” in un certo periodo si guadagnano l’accesso alle scuole migliori a discapito di coetanei di annata che scontano però diversi mesi di differenza, periodi che a 5-6 anni fanno la differenza. Quello che molti vedono come mix di talento e destino ed altri danno etichettano come fatalità (disastri aerei che Gladwell analizza con dovizia) o predisposizione, è in realtà spesso spiegabile da questo Sherlock Holmes della conoscenza che porta il lettore alla scoperta dell’importanza del contesto e dell’ambiente di riferimento. Colpisce ad esempio il fatto che l’abilità matematica dei cinesi non sia da ricondurre al talento innato degli stessi ma alla forma linguistica della numerazione che permette agli stessi di ricordare con maggiore facilità i numeri producendosi in complessi calcoli con minore affanno (è facile comprendere che “tre fratto cinque” risulta meno friendly di “di cinque parti prendine tre”, traduzione letterale della matematica cinese) e, solo ora interviene la conseguenza, ovviamente trovandosi più predisposti a studiare ed amare quella che diviene una materia più comprensibile. Ecco il punto forte, il contesto predispone un terreno fertile per la crescita di persone speciali che, dotate di abilità non convenzionali e di una perseveranza non comune si aprono la strada per l’olimpo delle rispettive discipline. Fingendosi economisti veri, il contesto è quindi condizione necessaria ma non sufficiente per lo sviluppo di attività di successo. Un mix di abilità anche esterne che ci porta, appoggiandoci al contributo di firstdraft sul tema, a confermare che la scienza del futuro non sarà tanto l’ottimizzazione delle risorse scarse in contesti economici frenetici, quanto piuttosto il pensiero creativo che porta alla creazione di opportunità di valore all’interno di uno scenario particolare, l’interazione con lo scenario stesso e la capacità di rileggere anche quanto riteniamo assodato è senza dubbio la killer app per un miglioramento complessivo del sistema. Chiudo con uno degli esempi più calzanti del libro che palesa la diretta relazione tra le ore di studio ed i risultati scolastici evidenziando come gli alunni che non fanno le vacanze estive (cinesi vs americani) o che durante il periodo estivo hanno la possibilità di frequentare corsi extra e campus di approfondimento (classi agiate vs classi meno ricche) ritornano a settembre con una migliore preparazione e, estate dopo estate, costruiscono quel gap che i nostri formatori hanno invece imputato all’assenza di strumenti e tecniche. La scuola funziona, ci dice Gladwell, non serve un computer per ogni studente, gli strumenti non mancano, quello che serve è la possibilità di lavorare di più e meglio con gli studenti, sviluppando abilità collaterali. Operativamente appare molto più profittevole l’idea di puntare su campi estivi e scambi culturali, l’aggiornamento al pc all’ultima moda non per forza produrrà i nuovi Bill Gates o Einstein. Il tema è senza dubbio gustoso e si inserisce all’interno di un più ampio dibattito che riguarda la presa di coscienza dell’irrazionalità economica e la fusione tra scienze psico-sociali ed economiche alla ricerca di dinamiche che solo le materie del futuro (dall’econofisica all’economia comportamentale) potranno spiegare, alle università lungimiranti il compito di andare oltre i corsi di marketing dando spazio a queste novità, magari avendo anche il coraggio di spostare qualche autore da “economia politica” a “storia economica”, mi rendo però conto che non è cosi banale..

 
 
AUTORE

Giorgio Soffiato

Markettaro per passione, dal 1983. Mente creativa e progettuale dell'azienda, fa chilometri e supera ostacoli in nome della rivoluzione arancione chiamata Marketing Arena. Cavallo Pazzo.
 
 

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