Facebook da sempre è il topic principe dei post che parlano di social media e non a caso: con i suoi 1 miliardo e 155 milioni di account spopola praticamente in tutto il mondo. A consacrare questa leadership, c’è una percentuale, unica nel suo genere: il 61% degli utenti attivi si connette ogni giorno.
Impossibile allora pensare che tra questa folla di profili e pagine non si nascondano delle menti creative, che ripensano il social e la sua funzionalità di network personale, reinventandone scopi ed usi.
La deriva creativa più famosa si trova negli usi di comunicazione e marketing che ne fanno i brand. Ma anche di questo si è spesso parlato, fino alla nausea.
Muoviamoci allora su altro e cerchiamo di scoprire qualche uso di nicchia.
Già da qualche anno si sente parlare di Curriculum VItae su Facebook: non mi riferisco al fatto che brand ed head hunter scrutino il profilo di un potenziale candidato prima di chiamarlo a colloquio; parlo di veri e propri CV costruiti con FB, usando le informazioni che mette a disposizione il social e costruendo un’immagine grafica accattivante tra copertina/profilo.
Ma se questo utilizzo non è più una novità e non fa più scalpore, pochi mesi addietro si è invece tanto parlato della rivisitazione storica della seconda guerra mondiale tramite FB. Una trovata creativa che ha sollevato domande che travalicavano la semplice rivisitazione del conflitto, come “Facebook sostituirà i libri si scuola?“.
Arriviamo ad oggi, saltando i numerosissimi esperimenti che non hanno trovato fortuna, per passare ad un caso curioso: avete mai letto un “librogame“?
Un librogame è un libro vero e proprio che, a differenza dei suoi tradizionali amici, non ha una struttura narrativa fissa e definita, ma è il lettore che condiziona la storia e il percorso di lettura interagendo in numerosi punti con il libro stesso.
Quello di cui vi voglio parlare si avvicina molto a questo genere di racconto, con la differenza che stiamo parlando di online: la prima “illustrated social fiction” story. Si, avete capito bene, una storia di finzione raccontata attraverso i social media. Parliamo di Hawk Funn.
I creatori sono Steve Lowtwait e Michael Smith: la storia la si può seguire su Facebook e Twitter ed è incentrata su Hawk Funn, che campeggia in periferia con la sua famiglia perché ha una fobia degli interni e vuole migliorare il mondo.
Ciò che è sorprendente è che la storia non è scritta, ma si scrive in itinere, grazie ai contributi dei fans e dei followers, che diventano attori della narrazione e influenzano le trame in real time. L’unico vincolo è non far andare indoor il personaggio! I sostenitori possono commentare per direzionare e modificare la storia, ma anche ricevere autentici disegni di produzione e addirittura diventare dei personaggi.
L’aspetto veramente interessante della vicenda è l’innovazione. La social fiction è l’esasperazione più totale dello storytelling tanto blasonato e decantato da tutti gli esperti di marketing e solo da poco abbracciato da molte aziende come strategia comunicativa.
Sfruttando le parole di Lowtwait “questo approccio porta opportunità per i brand di sponsorizzare e raccontare le storie dei loro prodotti. In un esempio puramente ipotetico, Nike potrebbe produrre una storia su qualcuno e le persone potrebbero seguire quel personaggio. La storia non sarebbe necessariamente un annuncio esplicito, ma potrebbe integrare prodotti e raccontare di più sullo stile di vita promosso dal brand“.
A pensarci, un’idea che potrebbe funzionare. Abbiamo già visto qualcosa di simile, ma mai si era parlato di social fiction come filone. Staremo a vedere… Che ne pensate?