In un contesto sociale dominato dalla presenza dei social media, e da una comunicazione orizzontale tra singoli, enti ed istituzioni, la voce dei dipendenti di un’azienda sui social acquisisce un peso del tutto particolare. Per questo motivo è importante disegnare programmi che facilitino ed incentivino la partecipazione dei dipendenti alla comunicazione sui social a fianco dell’azienda; gli strumenti offerti dal welfare aziendale possono rivelarsi estremamente utili a tal proposito.
Nella costruzione del brand, il comportamento dei dipendenti sui social rileva in diversi modi:
- Un comportamento attivamente partecipante, in cui i dipendenti producono e condividono a titolo personale contenuti di supporto al brand, è estremamente positivo per il brand stesso e per l’azienda:
- la percezione di una adesione spontanea ai valori del marchio da parte di chi li vive dall’interno è un importante rafforzativo di questi valori presso la clientela.
- la partecipazione diretta dei dipendenti sui social a favore del brand è centrale nella costruzione della massa critica necessaria a far emergere il proprio messaggio sui social network.
- L’attività dei dipendenti sui social network è anche un segnale ai potenziali talenti che l’azienda vorrebbe attrarre: dice loro che l’ambiente aziendale è positivo
- Un comportamento blando o distaccato da parte dei dipendenti sui social nei confronti dell’azienda, è al meglio un segnale di scarsa adesione valoriale, e di basso coinvolgimento organizzativo.
- Un comportamento di contrasto segnala infine la presenza di problemi rilevanti nel rapporto azienda/dipendenti; in più, in virtù dell’orizzontalità delle comunicazioni sui social media, se un dipendente trova un modo originale di comunicare sui social il suo distacco dai valori aziendali, può addirittura determinare una reputation crisis.
Queste considerazioni spingono a favore dell’adozione di politiche di Employee Advocacy; Con questo termine, che potremmo tradurre in “sostegno dei dipendenti”, si indicano programmi aziendali che consentano di stimolare, gestire ed incentivare la partecipazione dei dipendenti, anche attraverso i social media, alla costruzione di un’immagine aziendale coerente ed appetibile sia per i clienti, che per i talenti in cerca di occupazione.
I programmi di Employee Advocacy ed il paradosso dell’incentivazione alla spontaneità
Un programma di Employee Advocacy dovrebbe avere una parte normativa ed una parte di incentivazione.
Per quanto riguarda la parte normativa, si tratta essenzialmente di costruire politiche di diffusione dei contenuti social all’interno dell’azienda, e di definire correttamente una Social Media Policy relativa all’utilizzo dei social da parte dei dipendenti.
La questione più importante, in questo caso, è riuscire a stabilire un corretto equilibrio tra controllo sulle azioni dei dipendenti stessi, ed incentivo ad un utilizzo dei social; la prima parte serve ad evitare possibili social crisis; la seconda, ad orientare in senso positivo il comportamento dei dipendenti. Per ora in Italia sembra prevalere un approccio sbilanciato, votato soprattutto ad un controllo che arriva a farsi divieto: vietare ai propri dipendenti di utilizzare i social in orario di lavoro corrisponde però, purtroppo alla perdita di importanti occasioni.
Occorrono strumenti di controllo, ma soprattutto di incentivazione mirata.
Per quanto riguarda la parte di incentivazione, invece, si pone il problema di cosa realmente possa motivare i dipendenti ad un’azione che, per funzionare, deve essere quanto più possibile spontanea. Il paradosso di un incentivo alla spontaneità non può certo sfuggire. Tuttavia, il tema del welfare aziendale può tornare utile in questo contesto.
Il welfare aziendale e l’incentivazione non direttamente monetaria
Va sotto il nome di welfare aziendale quell’insieme di attività composte per lo più da
- Meccanismi di incentivazione non direttamente monetari
- Politiche per la sicurezza sanitaria e previdenziale
- Forme di gestione flessibile degli orari di lavoro
Che hanno come fine ultimo ricompensare la fedeltà dei dipendenti e costruire nell’organizzazione un clima positivo e collaborativo (ne trovate una spiegazione per esteso qui).
Il welfare aziendale presenta diversi lati positivi per l’impresa che lo applichi, non ultimo l’ottimo rapporto tra gli incentivi ottenuti dal lavoratore ed il costo sostenuto dall’azienda per essi. Il dato rilevante però, è che da differenti ricerche, svolte a partire dagli anni ’50, pare che la correlazione tra incentivi in denaro e motivazione del lavoratore non sia immediata, ed in alcuni casi possa addirittura essere negativa; gli incentivi non monetari, invece, soprattutto se dedicati alla sfera della salute, della cura della persona, del tempo libero e della sicurezza previdenziale, sembrano avere un differente effetto: si tratta infatti di interventi che agiscono in ambiti normalmente sottratti alla contrattazione, in cui la percezione rimane quella della costruzione di legami solidi tra datore di lavoro e lavoratore. Se vogliamo, in una chiave di interpretazione “narrativa”, in queste forme di incentivo prevale l’adesione reciproca delle parti ad un concetto di benessere comune e qualità della vita.
Per questo, le forme di incentivazione basate sul welfare aziendale sembrano più suscettibili di produrre risultati in un contesto di Employee Advocacy, soprattutto se legato ad un ambito dove la sfera privata e quella lavorativa si mescolano.
Per saperne di più sul welfare aziendale, questo e-book contiene ricerche, analisi e modelli applicativi che possono essere utili alla definizione di corretti meccanismi di incentivazione.