Ci è voluto un pò, ma finalmente possiamo essere online con la seconda puntata de “Digital PR, queste sconosciute”.
Nello scorso articolo abbiamo avuto modo di introdurre questa nuova figura professionale, andando ad analizzare quali sono i principali compiti e obiettivi che il digital PR prende in considerazione nello svolgimento delle proprie attività.
Nella speranza di aver suscitato anche solo un pò il vostro interesse e avervi un pò aperto le porte per familiarizzare con l’argomento, oggi voglio fare un piccolo passo in più, assieme a voi. L’attività del Digital PR, infatti, deriva in gran parte da una certa abilità personale, da caratteristiche e predisposizioni già insite nella persona, che sono certamente di grande aiuto per rapportarsi con gli altri, soprattutto online.
Ma come qualsiasi professione del web, non è certamente una passeggiata: anche il Digital PR ha bisogno di una cassetta degli attrezzi per poter ottenere e organizzare al meglio tutte le informazioni necessarie per gestire l’interazione e la relazione con i diversi attori in gioco. Del resto, fare il Digital PR è di fondamentale per la realtà aziendale in cui si opera e riuscire a farlo nel miglior modo possibile è certamente decisivo nell’ottica di ottenerne vantaggi competitivi e possibilità.
Quindi, cosa stiamo aspettando? Ecco un elenco dei tool di cui un Digital PR difficilmente può fare a meno:
Buzzsumo, il tool per ascoltare i social: una vera e propria manna dal cielo per il Digital PR, che si trova ogni giorno ad affrontare quantità indescrivibili di commenti, reazioni, discussioni che il web e i social network ampliano all’ennesima potenza. È un tool freemium, quindi per accedere ad alcune funzionalità più specifiche sarà necessario sostenere delle piccole spese. Ma, in generale, è di fondamentale importanza per andare a monitorare le principali parole chiave, le attività dei competitor e i trend maggiormente seguiti in rete. Insomma, un vero e proprio vaso di Pandora che permette al Digital PR di tenere traccia delle conversazioni sviluppate nel web, di analizzare la brand reputation e di individuare i principali influencer che potrebbero essere ingaggiati in vista di attività future.
Followerwonk, Twitter senza segreti: seguire le diverse conversazioni generate sul web può essere molto complesso, soprattutto se queste originano su Twitter. Attraverso menzioni, hashtag, retweet e quant’altro molto spesso può essere difficile stare al passo di un volume così ampio di discussioni. Proprio per questo, Followerwonk è il tool più adatto per il Digital PR, permettendogli di filtrare utenti e influencer attraverso il monitoraggio di specifiche parole chiave generalmente inserite all’interno della bio del loro profilo. In questo modo, il Digital PR viene direttamente rimbalzato su quegli account che rispondono alle parole chiave in questione, dando la possibilità di andare a verificare se effettivamente queste persone possano essere interessanti dal punto di vista dell’engagement e se possano dar vita a conversazioni interessanti.
Hashtracking, mai più fuori dal coro: ormai utilizziamo un hashtag per qualsiasi cosa, sia essa rilevante o meno. Come può umanamente il Digital PR stare al passo con tutti gli hashtag che si generano giorno dopo giorno? La cosa può diventare difficile soprattutto nel momento in cui gli argomenti da seguire sono molteplici. Hashtracking serve proprio a questo: inserendo un hashtag specifico nel motore di ricerca del tool, è possibile individuare chi lo abbia utilizzato, se si tratta di persone influenti o meno e quali post siano stati maggiormente apprezzati, commentati, condivisi sulla base di quelle semplici parole chiave.
Hootsuite, il Sacro Graal del Digital PR: Digital PR non significa solamente monitorare le conversazioni; significa molto di più: significa avere a che fare con un universo digitale talmente grande da dover gestire un numero considerevole di dati, di informazioni e di discussioni a cui è quasi impossibile far fronte autonomamente. Ma Hootsuite serve proprio a questo, a garantire il pieno controllo dell’universo social: è una piattaforma a pagamento che permette di ascoltare, monitorare e coinvolgere la community di persone a cui ci si rivolge. Con un unico dominio possono essere monitorati più social network, andando a visualizzare quali sono stati gli utenti più attivi e qual è stato il sentiment delle conversazioni che si sono generate attorno a uno specifico contenuto.
Google Alert e Mention, combinazione perfetta: ormai è evidente che gran parte dell’attività del Digital PR si svolge attorno alle conversazioni che gli utenti generano attorno a un brand o a un contenuto. E, soprattutto, questa mole di discussioni non si sviluppa solamente all’interno dei social, già di per sé molto complessi da gestire. Anche pagine web di siti tra i più disparati possono essere monitorati per controllare che cosa si dice sulla propria azienda online, ma anche per restare al passo con le conversazioni e le tendenze del settore all’interno del quale l’azienda stessa opera. Ecco allora che Google Alert e Mention rappresentano il matrimonio perfetto per rispondere a questo tipo di necessità. Da un lato, Google Alert si concentra specificatamente sulle pagine web, con il limite però di non essere del tutto preciso: avendo a che fare con una quantità letteralmente industriale di dati, del resto, può capitare che qualcosa sfugga alla sua attenzione. A far fronte a questo problema, dall’altro lato, corre in soccorso Mention, un tool in grado di svolgere la medesima funzione, dando la possibilità di creare degli alert specifici: si tratta fondamentalmente di notifiche che vengono inviate al Digital PR per informarlo quando sta avendo luogo una conversazione importante, per cui vale la pena gettarsi nella mischia.
C’è, per concludere, uno strumento di cui nessun Digital PR può fare a meno, uno strumento che supera in quanto a performance e a utilità tutti gli strumenti precedentemente elencati. La testa. Del resto, accumulare dati su dati è fondamentalmente inutile se non si ha la capacità di contestualizzarli, di leggerli, di analizzarli come andrebbe fatto. Bisogna essere in grado di leggere qualsiasi elemento derivi dalle informazioni che vengono raccolte: bisogna guardare ai dati con un occhio umano. Bisogna saper interpretare i sentimenti e le emozioni di chi conversa all’interno della rete, valutando con attenzione che cosa sia davvero significativo e cosa invece rappresenti un elemento di poca importanza, senza però distogliere completamente l’attenzione.