“Come faccio a spiegare a mia moglie che quando guardo fuori dalla finestra sto lavorando?”
Questa era una delle domande che si poneva Joseph Conrad, lo scrittore polacco naturalizzato britannico, uno dei più grandi scrittori moderni, considerato universalmente un maestro della prosa.
E se non ci riusciva lui, figuriamoci se ci riesco io.
Fortunatamente in mio aiuto vengono storie di ordinaria follia, che dimostrano come le opportunità siano veramente nascoste negli angoli più disparati e inimmaginabili.
E’ il caso di Vugar Guloglan Oglu Huseynzade, sconosciuto amante di Football Manager, a cui è stata affidata la panchina del Baku FG, una squadra dell’Azerbaijan, che lo ha preferito addirittura alla concorrenza di Jean-Pierre Papin, ex allenatore di Strasburgo, Lens e Chateauroux e centravanti della Nazionale francese e del Milan negli anni Novanta.
Tralasciando le smanie di attenzione mediatica e la ricerca (mal nascosta) di sponsorizzazioni, naturalmente questo non significa nulla, ma è uno dei tanti campanelli d’allarme di questa società, che nasconde opportunità sotto ogni occasione e dietro ogni apparentemente insignificante attività.
Da molti questa nostra contemporaneità è stata etichettata come quella della long tail (coda lunga). Chi ha avuto la fortuna di incrociare i pensieri di Chris Anderson (anche tramite il suo blog “the long tail“) ha compreso fin troppo bene come stiamo passando da un mercato di massa a una massa di mercati (come recita il sottotitolo del suo “La coda lunga“) che oggettivamente rende di più.
Non è mia intenzione soffermarmi su teorie economiche che sinceramente scavalcherebbero le mie conoscenze, ma sovrapporre la teoria del mercato del lavoro alla coda lunga questo sì, lo posso fare.
Se uno dei principi di base è che gli “hit” detengono sempre meno potere e i consumatori volgono lo sguardo verso le innumerevole nicchie (che sono sempre esistite ma a cui era difficile accedere) che si costruiscono nell’infinità di possibilità offerte dalla nostra società, la medesima questione si può trasporre al contesto lavorativo. La miriade di connessioni e interazioni che si generano on-line danno accesso a miliardi di potenziali opportunità che sta a noi saper intravedere e cogliere, per non lasciarsele scivolare sotto il naso. In un’economia dell’abbondanza d’offerta bisogna pensare che qualsiasi cosa viene offerta ha una propria domanda. Per cui anche noi stessi. Si tratta solo di capire a quale tipo di mercato rivolgersi.
Certo, se vi chiamate Steve Jobs siete un hit, con infiniti meno problemi di mercato. Ma se siete il signor Vugar Guloglan Oglu Huseynzade dovete trovare per conto proprio il mercato di nicchia che vi sta ad ascoltare. E se siete bravi nella ricerca trasformare una passione in un lavoro diventa sempre meno una chimera. E non lo dimostra solo Vugar Guloglan Oglu Huseynzade, lo testimoniano gli startuppari di cui sentiamo parlare quotidianamente, i blogger che fanno della loro attività una professione e tante altri esempi di persone con i recettori del cervello attivi che hanno saputo cogliere l’attimo (e lo hanno colto perchè erano, appunto, con il cervello acceso e con le mani “in pasta”). Una cosa è certa: se l’occasione capita a tutti sotto spoglie molte volte inimmaginabili, è anche vero che, volendo far passare per casuale una cosa che in realtà non è, la società della coda lunga è dei maker e non dei ciarlatani.
E per capire quello che dico vi invito a leggere uno degli articoli interessanti (ormai ahimè, opinione personale, sempre meno frequenti) di Wired Italia di novembre, dal titolo re-made in Italy.
Prendere in mano il mondo attorno per provare a reinterpretarlo scommettendo sulla diffusione di pratiche innovative. La domanda su come guadagnare è da porsi solo dopo aver cominciato. Magari viene fuori un’opportunità inaspettata che risponde direttamente a questo quesito. Un po’ come è accaduto per Vugar Guloglan Oglu Huseynzade. Che sia maledetto 🙂