Chi si occupa di startup sa bene che finire su TechCrunch non garantisce immortalità o denaro (soprattutto denaro) visto che l’impatto sulle metriche, ad esempio i download per un’app, è sempre più deludente delle attese. Un passaggio su questi grandi portali web, aggiungiamo anche Mashable alla lista, garantisce però una consacrazione a tutti gradita. Un articolo di medium di racconta come “uccellare” TechCrunch non sia in realtà così complesso.
Il fondatore di BetaList sostiene di aver lanciato questa startup, oggi “la sua” startup, per coprire un altro progetto, un’app dedicata ai lettori di ebook chiamata Openmargin. La necessità di Openmargin nel 2010 era quella di arrivare a 200 beta tester, e l’impresa sembrava assolutamente non banale, soprattutto perché per farsi notare da giganti del traffico digitale come TechCrunch è necessario avere qualcosa di più di una welcome page per beta tester, che era in quel momento lo stato dell’arte di Openmargin. Oppure essere un famoso founder seriale “che nasconde la sua prossima creatura”.
L’idea
Sapendo di non poter sperare in alcuna attenzione con l’attuale startup, il nostro founder ha avuto effettivamente un’idea interessante, quella di creare un “meta servizio” in cui tutti gli appassionati di startup del futuro avrebbero potuto registrarsi come beta tester o early adopter, ecco i primi appunti in tal senso
Cosa è accaduto dopo
Con pochi sforzi è stato poi creato un Tumblr per sviluppare il progetto, dopo aver ovviamente registrato il dominio. Gli strumenti successivi? Un comunicato stampa e una brevissima mail con due link (non un allegato di 3 mega!) a TechCrunch. Solo dopo una richiesta di approfondimenti da parte di TechCrunch il founder si è permesso di “sganciare la bomba” con una lunga e dettagliata mail che trovate nell’articolo originale. Il giorno successivo BetaList si trovava su TechCrunch innescando un doppio effetto:
- Da subito Openmargin (furbamente posto in home di Betalist dal founder) ha raggiunto il suo obiettivo di 200 beta tester
- Altri portali come Forbes, considerando la startup accreditata da TechCrunch, hanno ripreso la notizia
Una “snowball” che ispira diverse considerazioni.
Conclusioni
Ok, come posso quindi portare la mia startup su TechCrunch? Cosa impariamo da questo post? Le notizie non sembrano incoraggianti per chi punta a proporre alle Startup un “prodotto PR seriale”, quello che si evince è che la sartorialità insita nella creazione di un progetto al servizio del proprio obiettivo ha fatto la differenza. Questo potrebbe portare ad una discussione non fruttuosa su insourcing o outsourcing del servizio, la realtà è che il comunicato stampa “sparato” ad n influenzatori o giornalisti non paga. E oltre un certo limite di importanza e reputazione non paga nemmeno il rapporto diretto col redattore di turno.
La vera “idea dirompente” sta nell’aver proposto e creato una sovrastruttura di servizio che ha “oscurato” un prodotto che sicuramente non avrebbe avuto visibilità per dare invece spazio ad un meta portale interessante e appetitoso. Il concetto è in realtà più vicino di quanto sembra al “blog esterno”, un magazine creato con l’obiettivo di mediare traffico ad uno spazio di prodotto di minore appeal, in quanto percepito come naturalmente markettone, soprattutto al t0 in cui la notorietà di marca è nulla.
Per finire su TechCrunch serve un’idea interessante e slegata dal prodotto. E poi? E poi bisogna saper fare PR, scrivendo una release di qualità e sviluppando una mail di ingaggio poco più lunga di un tweet. Serve anche un’altra cosa, però quella (quello, 4 lettere) la potete immaginare da soli.
Credits immagine: medium.com