C’era una volta il modello AIDA, anno 1898 (l’immagine in alto è la copertina dell’album “AIDA” di Rino Gaetano, una licenza poetica). Lui:
Si tratta di un imbuto, o funnel, che ancora oggi torna molto utile nei modelli di marketing. Soprattutto perché il concetto di inbound ci ha abituati a “intercettare l’utente” nelle varie fasi della sua esistenza e rapporto con le aziende. Per dirla con Marketoonist:
Mi ritrovo in riunioni in cui i marketers si rompono la testa per individuare la fase esatta in cui un certo canale interverrà nel funnel. La prossima volta mi porterò dietro questo articolo di Harvard Business Review dall’emblematico titolo “Marketing can no longer rely on the funnel“, una critica strutturata che passa da più evidenze:
- gli utenti, sempre più multicanale e omnichannel, saltano da una parte all’altra del funnel, tornano indietro e non si fanno imbrigliare in un processo lineare generando grossi grattacapi ai marketing manager deputati alla progettazione delle esperienze
- Mckinsey ha risposto a queste problematiche innovando in circolarità la customer journey e passando da un modello “a funnel” ad uno “a percorso“
C’è però una frase che va scolpita su pietra:
Brands may put the decision at the center of the journey, but customers don’t.
Se è vero che il tipping point (quello di Malcom Gladwell) risiede nell’esperienza e non nel momento dell’acquisto, la customer journey non è altro che “il cane del funnel che si morde la coda”. E la seconda bordata è figlia di un altro mito, quello del marketing virale, o dell’advocacy. La customer decision journey ci prospetta un modello in cui l’utente diviene cliente e immediatamente dopo advocate, o brand ambassador, invece:
Almost every marketer we spoke to described how social media has disconnected advocacy from purchase
L’età dei Social Media ha introdotto il concetto di Social Currency e lo ha spinto a potenza. Come inseriamo nella customer journey i “the half million fans of Tesla’s Facebook page who don’t own a Tesla“? Sarebbe sbagliato pensarli come acquirenti potenziali. Non lo sono. Sono persone che ammirano il modello e bramano il prodotto, ma potrebbero decidere per varie ragioni di non possederlo mai.
In today’s digital age, advocates aren’t necessarily customers. Marketers who think that advocacy comes after purchase are missing the new world of social influence.
Una soluzione che appare sensata è lo switch dalla customer decision journey alla customer engagement journey (ne trovo traccia su Forbes). Il primo punto è quindi fare focus sulla relazione, il secondo è un tema molto forte: il marketing fallisce quando si cerca di fare marketing su un prodotto che non se lo merita.
For Google, the question is not “how can we market this product?” but “which products deserve marketing?
What’s in that for me? I modelli sono molti, uno dei più interessanti è quello che porta a parlare di “Orbit Brands“, ma la chiave potrebbe stare nel cambiare il target, il mirino, mettendo sotto tiro quattro punti principali:
- la natura dell’influenza social
- i percorsi non lineari che portano all’acquisto
- il ruolo degli “advocates non customers“
- il passaggio dalla valorizzazione delle transazioni spot alle relazioni continuative
Questo si, potrebbe essere un passaggio epocale (almeno per il 99% degli uffici marketing).