Insolito evento nella redazione di marketingarena: Stefano e Alessandra hanno inviato il loro contributo sulla vittoria di Obama e sull’importanza che il web ha avuto in questo evento storico, pubblichiamo entrambe le analisi, con dovere di prevedenza al gentil sesso, credo avremo una buona base di dati su cui discutere..
ALESSANDRA LUISE – W IL SOGNO AMERICANO E W ROCKY BALBOA!
Barack Hussein Obama non è solo il primo afro-americano alla Casa Bianca. È un uomo diventato il simbolo del cambiamento, dell’arricchimento che deriva dalla diversità, dell’integrazione e di una rinnovata speranza in un’America dove tutto è possibile. A Chicago, nel discorso dopo l’elezione a Presidente degli Stati Uniti d’America, Obama ha detto: “Questa notte abbiamo dimostrato che l’America può cambiare, l’America è cambiata se solo sessant’anni fa non si poteva votare per cause di sesso o di colore della pelle. L’America è cambiata se uno come me può diventare Presidente.” … “Yes We Can!”. Ok, se devo essere sincera quando ho sentito questa frase subito ho pensato a … Rocky! Sì, in Rocky IV, dopo la vittoria contro Ivan Drago (il pugile russo, simbolo nel film dell’Unione Sovietica), il mitico Rocky parla al pubblico russo e dice: “Quando sono venuto qui…non sapevo cosa mi aspettava. Ho visto che molta gente mi odiava e io…e io non sapevo…non sapevo come la dovevo prendere. Poi ho capito che neanche voi mi piacevate. Ma durante quest’incontro…ho visto cambiare le cose. Cioè quello che provavate per me e quello che…che io provavo per voi. Sul ring eravamo in due pronti ad ucciderci l’un l’altro ma forse è meglio così che milioni di persone. Però quello che sto cercando di dire…è che se io posso cambiare…e voi potete cambiare…TUTTO IL MONDO PUO’ CAMBIARE!”. Mi sono venuti i brividi quando, più grandicella, ho risentito il discorso del mio super eroe di sempre (certo a 5 anni non mi era molto chiaro perché Rocky volesse cambiare il mondo dato che il mio mondo era rappresentato da Barbie e Ken felici ed innamorati!) … gli stessi brividi che mi sono venuti ascoltando il discorso di Obama. È questa l’America a cui siamo affezionati, è quella dei film di Hollywood dove tutto è possibile, è quella di Rocky, è quella di un’opportunità per tutti. Reale o non reale, Obama e il suo staff hanno svolto egregiamente il loro lavoro. È riuscito a coinvolgere masse enormi di persone, giovani americani che a votare proprio non ci pensavano, ha ispirato artisti, ha ridato fiducia ad un popolo e ha coinvolto tutti, ovunque. Niente promesse, ma valori che vanno a far leva sulle emozioni più profonde degli elettori: fratellanza, speranza, progresso, fiducia e libertà. Prima che Presidente, Obama è una persona, un afro-americano, è uno che ce l’ha fatta. Ed ecco il sogno americano, la voglia di crederci ancora che cresce, quasi per miracolo, anche in chi americano non è. Siamo rimasti tutti lì, con il naso incollato alla televisione, ad aspettare il cambiamento … ed il cambiamento c’è stato. E abbiamo festeggiato anche qui, oltreoceano! Mi viene da pensare che la sua campagna elettorale sia forse la più riuscita nella storia degli Stati Uniti d’America. Ma di chi è il merito? Il merito è sicuramente di Barack Obama, di David Plouffe, direttore dello staff elettorale e “eroe ignoto di questa campagna” come l’ha definito lo stesso Obama, di David Axelrod, responsabile della strategia, e … di Internet!
Se la presenza del suo sito web, www.barackobama.com, è praticamente dovuta, lo è meno la dimensione 2.0 che gli è stata data. Come nei suoi discorsi, anche nel suo sito Obama spinge gli utenti a diventare parte del cambiamento; li spinge a diventare soggetti attivi che esprimono la loro idea, formulano consigli e condividono idee. E la dimensione partecipativa dà un motivo in più all’utente per tornare a visitare il sito, magari per verificare la presenza di feedback.
Inoltre, in perfetto stile 2.0, in Rete è ovunque. Ha un profilo su Wikipedia, un canale personale su YouTube (dove è possibile trovare anche il video music dell’inno di Obama “Yes We Can”, cantato da svariate star di Hollywwod), è presente su MySpace, Facebook e Linkedin. E i suoi discorsi sono scaricabili in file audio dal suo podcast. Su Flickr, il social network di photo sharing, digitando sulla barra per la ricerca la parola “Obama”, si possono contare ben 360.064 immagini ad oggi. Le etnie americane e le minoranze non sono state escluse dalla campagna. Il futuro Presidente degli Stati Uniti, infatti, durante la campagna elettorale, interagiva con gli afro-americani attraverso BlackPlanet; con gli asiatici attraverso AsianAve, con la comunità gay attraverso Glee e con quella latina attraverso MiGente.
Barack Obama si è trasformato quasi in un brand che grazie, soprattutto, alla potenza della Rete ha conquistato il top of mind di milioni di persone. È stata la prima campagna elettorale per le persone e con le persone. Ogni americano era potenzialmente parte dello staff elettorale del candidato democratico di colore, perché ognuno di loro poteva far sentire la sua voce grazie al Web. E così, come accade per i brand più forti, spontaneamente gli elettori si sono fatti prima mezzo e poi messaggio. È il caso della Obama Girl, una 24enne studentessa americana che ha realizzato una canzone pop dedicata ad Obama. La canzone si intitola “I Got a Crush on Obama” e il videoclip in questione la riprende in pose molto sexy, con vestiti tutti griffati Obama. È il caso, ancora, della musica realizzata da gruppi di latinoamericani per i latinoamericani. Su amigosdeobama.com (e Youtube), ad esempio, si possono ascoltare brani come Como se dice, como se llama (Obama, Obama), in puro stile reggaeton, e la più tradizionale Viva Obama.
Ora arriva la parte più dura per il futuro Presidente degli Stati Uniti, speriamo non ci deluda!
STEFANO GUERRA – CON OBAMA VINCE ANCHE IL WEB 2.0
Qualche tempo fa, parlando del rapporto tra la politica italiana e il Web 2.0, ho ricevuto qualche critica, ma in fondo era ovvio, era una provocazione…tuttavia, mi rendo conto solo ora che quello che scrissi in quel post non era poi un’utopia così irraggiungibile.
Ho seguito un po’ la campagna politica di Obama e, anche se onestamente sono stato molto affascinato dalle sue grandi capacità comunicative e mediatiche (e non credo di essere stato l’unico :-), quindi posso essere considerato “di parte”, la cosa che più mi ha entusiasmato di questa campagna è stato il coinvolgimento dei giovani, nel vero senso della parola.
Obama ha capito che la gioventù oggi comunica con i blog, con i social networks, che scarica i podcast, che si aggiorna con gli rss, che scrive su Wikipedia, che ha un suo nuovo linguaggio, che ama comunicare e ama i comunicatori, che apprezza l’onestà (perché nel Web 2.0 ha successo chi si espone ed è onesto) e che adora l’idea di poter dire la sua, di essere ascoltata e non essere classificata sempre come una generazione di “perdi tempo davanti a un pc”.
Obama ha capito che il Web 2.0 era la chiave per coinvolgere i giovani e, partendo dai mezzi che questi usavano, “parlando il loro linguaggio”, è arrivato anche ai loro cuori.
La sua campagna mi ha colpito molto, fosse stato in Italia probabilmente lo avrei anche votato :-).
Quando mi lamentavo di una classe dirigente troppo poco aperta a questi temi, la nostra (è un mio parere personale eh…:-), che troppo ignora la forza delle classi giovanili (e non solo :-), mi riferivo proprio a questo. A quello che è riuscito a fare Obama.
Qualcuno potrebbe dire, tuttavia, che l’attuale presidente degli USA ha speso il doppio dei soldi nella comunicazione tradizionale, il che cozza un po’ con l’idea di un “presidente 2.0”… certo!!! ma da dove arrivavano quei soldi? Dal popolo, dalle persone, e questo non è più 2.0 di fare politica attraverso un blog, dove magari nemmeno si risponde ai commenti lasciati dai propri elettori?
Obama ha vinto perché ha conquistato il cuore delle persone, perché è stato un grande comunicatore, perché ricorda i grandi presidenti del passato e per mille altri motivi che in questi giorni ci spiattellano in tutti i talk show, ma, secondo me, Obama ha vinto anche perché ha saputo ascoltare le persone e, soprattutto, i giovani.