L’idea per questo post mi si è presentata mentre facevo pulizia tra i following di Twitter e gli amici di Facebook: smetto di seguire un tweep perché è poco interessante, poco attivo e noioso; elimino un amico da Facebook perché non lo conosco molto bene, mi ha offeso in qualche modo o ritengo di non volerci più avere a che fare (qui un’interessante infografica sul perché aggiungiamo ed eliminiamo gli amici dal social network blu).
Del resto, si sa, le amicizie su Facebook si chiedono e accettano, il più delle volte, quando una persona fa parte della propria cerchia di amici, la si è incontrata in una particolare occasione o, in alcuni casi, si è interessati a conoscerla per i più svariati motivi; mentre su Twitter, la cosa si fa diversa: mi interessa avere una conversazione riguardo un certo tema con qualcuno? Condividiamo una stessa passione o siamo nello stesso ambito professionale? Cerco opportunità di networking? Il follow è assicurato. Il follow-back meritato.
Facebook prigione; Twitter passione.
Forse prigione è un termine esagerato, ma su Facebook troviamo gli amici con cui abbiamo contatti nella vita di tutti i giorni e con cui abbiamo stretto relazioni, per trasferirle poi sul social network. Sono relazioni alle volte obbligate o strette con persone che conosciamo da tempo, a cui chiediamo l’amicizia per non sentirci maleducati, per curiosità: vogliamo diventare amici di qualcuno perché lo conosciamo, anche solamente di nome, non perché potrà condividere qualcosa di nostro interesse ed è quindi la qualità delle relazioni che abbiamo costruito personalmente che determinano la qualità della nostra bacheca di facebook: se nella nostra vita conosciamo persone che ci sono completamente distanti e con cui non abbiamo qualcosa in comune, che hanno poco da offrirci, allora troveremo la bacheca colma di contenuti poco interessanti; questo probabilmente deriva dalle opportunità che ci sono offerte e che ci siamo creati di conoscere persone interessanti, questo lo scrivo per esperienza.
Twitter, diversamente, rispecchia attraverso la nostra lista di following quello che siamo veramente e ciò che amiamo, quali sono le nostre passioni; possiamo alzarci in volo, fuggire dalla nostra ristretta gabbia di relazioni reali, cercare tra i 200 milioni di iscritti e decidere coscientemente perché un utente è più interessante degli altri sbirciando tra i suoi tweet: siamo noi ad autodeterminare la qualità della nostra bacheca, a poter creare nuove relazioni, a sentirci più liberi di chiuderle. Per questo credo che Twitter sia un universo più aperto di Facebook e che, soprattutto, possa tirare fuori il meglio di noi stessi, dato il fatto che per creare delle relazioni di qualità, sono necessari impegno e competenza.
Naturalmente queste definizioni non sono universali: Zuckeberg e Dorsey ci hanno dato gli strumenti, ora tocca a noi decidere come sfurttarli.