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Brand reputation nel web e nei social media…come si monitora?

Nell’era dei social media e del famoso User Generated Content, le aziende devono prestare sempre maggiore attenzione a ciò che i consumatori dicono del loro brand o prodotti nel web. La reputazione delle aziende non è più sotto il loro stretto controllo, alle dipendenze di una comunicazione autoreferenziale e unidirezionale. I consumatori vogliono e possono dire la loro, e soprattutto hanno il potere del network. Attraverso le loro relazioni possono innescare una diffusione virale del messaggio, che può tradursi in una passaparola negativo in grado di minare la storica reputazione dell’azienda.

Un caso illuminante dell’ultimo periodo sono le gettonatissime oche della Moncler, che per un paio di giorni hanno fatto rabbrividire tutti i consumatori con un piumino nell’armadio. Non volendo soffermarmi su questo specifico episodio ormai sviscerato da molti, quello che l’azienda dovrebbe fare in questi casi è innanzitutto prendere atto della diffusione e della gravità dei contenuti, per poi replicare e gestire la situazione nell’interesse non solo dell’azienda, ma anche di quei consumatori che si sentono delusi o insoddisfatti.

Ma come riconoscere e captare le avvisaglie prima che esploda la vera e propria crisi, o come individuarla se resta confinata in un preciso ambito senza coinvolgere le principali testate giornalistiche nazionali?

Occorre ASCOLTARE, nel vero e proprio senso della parola. Ascoltare il web, attraverso un processo di social media listening, per individuare prontamente ogni post, news, video o qualsiasi altro contenuto riguardante l’azienda e potenzialmente pericoloso per la sua reputazione. Il social media listening è un processo ciclico e continuativo, perché il web non si ferma mai e ogni giorno, ora e minuto c’è qualcosa da ascoltare, e soprattutto è dinamico, in quanto in seguito alla rilevazione e elaborazione dei dati vengono intraprese delle azioni che possono modificare l’intero processo, ridefinendo gli obiettivi di ascolto e, a cascata, tutte le altre fasi.
Di seguito entreremo nello specifico delle singole fasi di questo processo.

Obiettivi

Prima di iniziare l’ascolto del web e dei social media, occorre definire gli obiettivi di business che si vogliono raggiungere, in sintesi le domande alle quali si vuole rispondere attraverso il monitoraggio. L’azienda ad esempio potrebbe voler monitorare in generale la reputazione del brand, oppure individuare i temi più discussi del periodo per impostare la propria strategia e il piano editoriale, o ancora effettuare un benchmark per capire come si stanno muovendo e cosa stanno pubblicando i concorrenti, eccetera. Ovviamente a diversi obiettivi corrispondono diverse fonti da monitorare e tipologie di analisi dei dati.

Selezione delle fonti

Monitorare le giuste fonti è fondamentale per assicurare al processo la giusta copertura del web e allo stesso tempo filtrare tutto quel “rumore” presente, che si traduce in risultati non pertinenti alla ricerca e agli obiettivi prefissati. Oltre a monitorare in generale i principali social network, i blogs, forum e i siti di news online, attraverso una ricerca per parole chiave, è importante anche individuare nello specifico tutti quei luoghi online in cui potrebbero nascere conversazioni sul brand in questione, attraverso una ricerca a selezione sia a livello tematico che geografico. Tutte queste fonti poi andranno ad alimentare il database dal quale verranno pescati i risultati.

Raccolta dei dati

Questa fase è quasi del tutto automatizzata dallo strumento di monitoraggio, che acquisisce i dati dalle fonti impostate principalmente attraverso API. La scelta dello strumento di social media monitoring adeguato è una fase altrettanto delicata e importante, che incide molto sulla qualità dell’intero processo.

Analisi dei dati

Questa fase invece, al contrario della precedente, è principalmente nelle mani dell’analista, che deve saper rielaborare i dati grezzi forniti dallo strumento per ricavarne informazioni preziose per l’azienda. Nel caso del monitoraggio della reputazione ad esempio occorre attribuire il sentiment (positivo, negativo o neutro) ad ogni contenuto prodotto per calcolare poi il dato aggregato e capire qual è lo stato d’animo degli utenti nei confronti del brand o di un particolare argomento. Altra informazione importante poi è data dagli influencer, ossia dalle persone più attive in quel periodo e che maggiormente riescono a influenzare l’opinione degli altri utenti, oltre al volume dei risultati, il loro trend nel tempo, le fonti principali, il coinvolgimento degli utenti, eccetera. È bene precisare che i KPI da monitorare variano in base all’obiettivo che si è stabilito, e compito fondamentale dell’analista è anche quello di scegliere le giuste metriche che permettano di monitorare il raggiungimento di tale obiettivo.

Reporting

Una volta rielaborati i dati in informazioni utili all’azienda è altrettanto importante organizzarli in report chiari ed immediati, che arrivino dritto al punto e mostrino la situazione attuale e le possibile strade che l’azienda può intraprendere. I report devono essere pensati in base alla figura di riferimento, che poi sarà deputata a prendere delle decisioni, e in questo senso devono sottolineare i giusti aspetti e devono essere di facile comprensione. Infine è importante che siano periodici, per mantenere un monitoraggio costante anche al di fuori dei momenti di crisi.

Azione

Tutto questo processo alla fine porta all’azione. L’azienda deve reagire alle situazioni di crisi, non per forza sui social media, per instaurare un dialogo con gli utenti detrattori e coltivare la relazione con quelli invece promotori, con il fine ultimo di mantenere un’immagine coerente con gli obiettivi di business e di costruire un rapporto solido con la propria community. Il processo di social media listening potrebbe portare anche ad un cambiamento più profondo: si potrebbero vedere i social media con un enorme focus group, in cui avere feedback costanti sui prodotti, sulla comunicazione e in generale sul comportamento dell’azienda, che quest’ultima può sfruttare come input sia per l’innovazione di prodotto sia nel miglioramento generale dei servizi al cliente, per aumentare soddisfazione e fedeltà nel lungo periodo.

 
 
AUTORE

Claudia Guglielmo

 
 

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