Ragionavo ieri con alcuni studenti sul rapporto tra marketing virale e search engine optimization, o meglio tra azioni sui social media e posizionamento. Sarebbe banale dire che si tratta di tecniche complementari, che tanto l’engagement quanto il posizionamento vanno spunti e curati al meglio. Il problema però è che viviamo in un mondo di risorse scarse (e scarseggianti) che ci chiama a fare delle scelte.
Al solito la strategia non è univoca, se pensiamo a questo blog ad esempio, gli ultimi 8 giorni hanno visto visite in entrata da siti referenti per il 55%, tra le 80 fonti referenti la prima è stata Facebook con 561 visite, staccando la seconda fonte ferma a 147. Nello stesso periodo Google ha garantito 396 visite, superato quindi dal social network più famoso di tutti. Ma come è possibile questa “migrazione” di traffico con i motori relegati in alcune giornate sotto il 10% delle fonti? Tre elementi rendono marketingarena “sharing-friendly”:
- Informazioni molto a target: abbiamo sicuramente puntato su titoli interessanti ma non per forza dirompenti, e non abbiamo chiamato in causa Silvio o il Grande Fratello per cercare la notorietà, abbiamo invece preferito specializzare molto i nostri contenuti per accreditarci presso una community di valore
- Azioni sulla community: abbiamo spesso proposto i nostri contenuti a community influenti (come gli indigeni digitali) su Facebook e Linkedin ottenendo “like”, citazioni e rilanci
- Contenuti originali: abbiamo cercato di stare lontani dal rilancio di notizie come “un nuovo algoritmo per Google”, che risulterebbero ridondanti e prive di valore, sviluppando invece concetti che possono risultare buone o cattive idee ma che confermano comunque un “suo spazio” per il blog
Cosa imparare da questi giorni di prove ed esperimenti? Come fare scala a livello aziendale e consulenziale su queste idee? Sicuramente un’azienda non può attivarsi a cuor leggero con attività di seeding virale senza rischiare clamorosi autogoal ma credo che tre caratteristiche possano identificare un’iniziativa virale o viralizzabile:
- Contenuto unbranded (ma sponsorizzato)
- Presenza di community ricettive e contattabili
- Azioni di seeding non blind
Si conclude quindi che rispetto al SEO, il social media marketing nella sua accezione promozionale e gratuita con la ricerca della viralità può essere sviluppato solo a certe condizioni e di certo si qualifica come giusto complemento alle visite in entrata da motori, ma in pochissimi mesi i network sociali si stanno proponendo come strutture abilitanti molto importanti ed influenti: il vero marketing virale si fa con azioni semplici e mirate, ma soprattutto con contenuti di qualità.