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Venice Revolution

Girando per la meravigliosa città di Venezia, e lo faccio praticamente ogni giorno, mi viene spesso da pensare che la città che tanto cerchiamo di conservare nel suo essere più storico dovrebbe invece rivoluzionarsi completamente, o, per meglio dire, dovrebbe, dal mio umile punto di vista, innovarsi e adeguarsi alle tendenze mondiali che oramai vediamo in molti luoghi, anche meno famosi del nostro caro capoluogo.
Prima di spiegare il mio ragionamento sento la necessità di premettere un paio di concetti: in primo luogo è importante ricordare che Venezia è una città storicamente e culturalmente importantissima e questo è dimostrato dal fatto che è conosciuta, nel suo essere, in ogni luogo del mondo per la sua bellezza, almeno come tutti conoscono una città come New York; in secondo luogo serve anche ricordare che il nostro amato capoluogo veneto è attrazione e polo di mete turistiche tutto l’anno per gli stessi motivi storici nominati in precedenza.
A questo punto viene da chiedersi: ma Venezia è una città globale? Mi spigo meglio: si può parlare di questa città come un luogo dinamico, interculturale, e aperto ai cambiamenti globali…è quindi un luogo di raccolta di informazioni multietniche?
La mia risposta è duramente negativa, ma è comunque un parere personale che conta poco nelle decisioni istituzionali e burocratiche della nostra regione, nonché della nostra amata nazione, tuttavia mi piace l’idea di poterlo condividere con voi: ritengo che questa meravigliosa città sia poco attenta alle possibilità potenziali che la multiculturalità possa ad essa offrire, infatti credo vivamente che, da sempre, la dirigenza si accontenti di “vivere della rendita” offerta dalla cultura che si sprigiona da ogni singola porta della città, invece di pensare ad una possibile evoluzione istituzionale, comunicativa, culturale, sociale, artistica e, soprattutto, in termini di creazione di punti di contatto con il mondo dei giovani, delle nuove tecnologie e, perché no, del made in Italy.
Quello che voglio dire, in sostanza, è che la città si “accontenta” in qualche modo di fare da polo attrattivo per i turisti senza muovere significative proposte innovative, il che potrebbe avvenire attraverso l’uso di nuove tecnologie o attraverso un’iniezione di contemporaneità, magari sotto forma di arte: i turisti sono sicuramente un business, ma riuscire ad attrarre anche altri tipi di persone, quali specialisti delle ICT o artisti mondiali favorirebbe, a mio parere, di molto lo sviluppo di Venezia come “nuova città”, la farebbe diventare probabilmente un polo di idee e di creatività.
I turisti servono, e ci sono, la cultura che ha reso grande Venezia c’è e continuerà ad esserci ma invece di accontentarsi di usare questa conoscenza credo che la si dovrebbe usare come base per costruire nuova conoscenza, che a sua volta fungerà da polo attrattivo per una ulteriore conoscenza.

Stefano Guerra per MarketingArena

 
 
 
 

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