Da ieri la rete ha un nuovo caso da discutere. Un progetto nato come “social crowdfunding”, suscitando non pochi dubbi soprattutto sulla tassononia visto che crowdfunding non è il termine perfetto, e finito con una casa automobilistica che per un anno regala ad un utente della rete un’automobile. Costo: 2.000 euro + polizza casco? Tra l’altro in prodotto.. e non in denaro. Per chi vuole sapere come è andata, c’è il post di Rudy, a noi interessa un altro punto.
Rudy Bandiera è un amico, ma oltre a questo piaccia o meno, è un media. E da media Smart ha trattato il caso, quasi mezzo milione di impression (secondo keyhole) per un hashtag che si è “comprata” con 2.000 euro circa? Un affarone. Un affarone che senza dubbio denota capacità di ascolto della rete, ma questo lo fanno più o meno tutti, ma che segnala anche la possibilità e la voglia di rischiare da parte di un brand che fa “all in” per due motivi: il primo è che si butta nella mischia senza paura, il secondo è che ci mette per una volta qualcosa in più di una maglietta e un evento che ha ormai stancato, ci mette il prodotto. Il primo dei due punti che voglio sottolineare è che questa azienda non ha gestito un tema di comunicazione, ha mosso sicuramente più referenti interni per dare vita ad un’operazione interessante che porterà vantaggi, lodi e stellette al marketing manager lungimirante, visto che siamo qui a parlarne, ma soprattutto porterà brand sentiment positivo e citazioni continuative verso un prodotto che è assolutamente affine al marchio Rudy Bandiera che renderà smart l’auto dei conmunicatori fichi.
Il secondo punto è il seguente: nessuno si è scandalizzato del fatto che Neymar abbia mostrato le mutande sponsorizzate durante i mondiali, oggi Rudy Bandiera è il Neymar della rete, ed ha quindi “noleggiato” la sua audience in cambio di un vantaggio, proprio come fanno i calciatori. Il vero punto focale è che il mezzo e il messaggio coincidono, Rudy non ha un procuratore che gestisce le sue sponsorizzazioni, è lui stesso prodotto, media, contenuto e contenitore. Un cambiamento non banale per chi è abituato a scindere le due cose.
Smart ha fatto bene, ha fatto benissimo. Dobbiamo però comprendere che questa azione non è “una rivoluzione social” ma è una ben più ampia nuova leva nella strategia di comunicazione, per un motivo molto semplice: il web permette una nuova e più interessante segmentazione del pubblico, e soprattutto permette di comunicare con le persone in momenti in cui l’attenzione è più o meno alta e le barriere percettive sono più o meno presenti, Smart ha integrato nel suo piano di comunicazione un’azione interessantissima, non ha solo preso una palla al balzo. Banalmente questo vuol dire mettere a budget per il futuro azioni di random act of kindness per ottenere vantaggi in termini di sentiment e reach, assolutamente comparabili con azioni di comunicazione standard.
Forse questa visione è un po’ meno romantica ma questo non è un caso di Social Media Marketing, è un caso di comunicazione. Per Rudy, come sempre, giù il cappello.