HomeBlogMarketing e ComunicazioneLa rivoluzione del crowdsourced testing: l’innovazione parte dalle persone

La rivoluzione del crowdsourced testing: l’innovazione parte dalle persone

Nonostante si sia già scritto molto di crowdsourcing e del suo ruolo nello scardinamento di alcuni modelli consolidati di business, il crowdsourced testing è ancora un trend in fase di stabilizzazione ma con grandi margini di diffusione e applicazione.
Il crowdsourced testing si basa sugli stessi principi “umano-centrici” e partecipativi del crowdsourcing, applicandoli al testing di prodotti e servizi come software e app. Questa specifica applicazione dei paradigmi crowd (e cloud) differisce dai tradizionali metodi di testing perché:

  • può contare sul contributo di diversi tester che non per forza condividono lo stesso ufficio o area di lavoro;
  • i tester non sono consulenti o professionisti del settore ma possono appartenere ai più svariati campi professionali e possedere background accademici eterogenei;
  • produce risultati più rapidi rispetto a un’attività condotta in-house.

Tutti questi elementi di innovazione convivono nella specificità del crowdsourced testing, una forma di mobilitazione collettiva le cui parti che la compongono sono libere di mettere a disposizione dell’organizzazione che richiede il suo contributo competenze, tempo, beni e conoscenze, con la finalità di creare legami virtuosi, basandosi sulla capacità relazionale della tecnologia.

crowdsourced_testing_innovazione

Decentralizzazione, dunque. E co-creazione, fatta di micro-tasking, mobilità (o meglio liquidità, pensando alle parole di Baumann), condivisione e creatività, per un modello di economia circolare che ha permesso a molti business di meglio comprendere le esigenze del proprio pubblico, e viceversa.

crowdsourced_testing_creatività
I vantaggi e gli svantaggi del crowdsourced testing per il collaudo di un software, ad esempio, sono strettamente correlati sia alle caratteristiche della community di riferimento, vero e proprio hub dove convivono tutti coloro che contribuiscono alla definizione tecnica del prodotto in fase di test, sia al tradizionale team impegnato all’interno dell’organizzazione aziendale, rifacendosi generalmente a tre grandi parole chiave: velocità, costi e affidabilità.

Velocità

La simultaneità dei test svolti da un gran numero di persone velocizza il processo di individuazione di errori, anomalie e bug, rendendo così più rapida l’entrata sul mercato del prodotto ottimizzato. La costellazione di tester però può non essere facilmente raggiungibile, rallentando così la velocità di interazione con la community e la raccolta e analisi dei risultati ottenuti.

Costi

La numerosità dei test svolti mitiga notevolmente i costi perché, a parità di collaudi, si impiegherebbero maggiori risorse economiche se questi venissero effettuati in-house. In più, alcuni business ricompensano i tester a seconda della quantità e qualità di bug trovati, rendendo “cost effective” la collaborazione esterna. Il rovescio della medaglia è rappresentato dai casi in cui i tester sono pagati a seconda del numero di anomalie segnalate, spingendoli così a collaborare preferendo la quantità piuttosto che la qualità.

Affidabilità

Il software può essere testato attraverso diverse piattaforme, contesti e situazioni, allargando così il ventaglio degli scenari di test, generalmente limitato dalle risorse a disposizione del team dell’azienda produttrice. Inoltre, il crowdsourced testing non corre il rischio dell’omologazione di pensiero dovuta al fenomeno del groupthink e aiuta a generare soluzioni innovative grazie al diverso background tecnico e culturale dei tester. D’altro canto, le aziende sono consapevoli del fatto che affidare esternamente un’attività di testing può inficiare la confidenzialità delle informazioni sul prodotto in fase di collaudo: in questo caso, la sicurezza può essere tutelata con stringenti clausole di riservatezza a cui i tester devono sottostare.

La creazione di community direttamente gestite dall’organizzazione è certamente uno dei mezzi più sicuri e rapidi per individuare e somministrare ai partecipanti i prodotti e i servizi da testare. Il controllo sui tester è totale e può garantire un feedback veloce e tracciabile: ciononostante, l’autonomia del crowd può venire meno per effetto dei vincoli e dei requisiti imposti dal committente, aspetto capace di diminuire la qualità dei test.
Allo scopo di bilanciare l’autonomia di lavoro dei tester e garantire affidabilità, velocità e contenimento dei costi in fase di testing, ha fatto il suo ingresso sul mercato una particolare tipologia di business nata per mettere in contatto chi richiede il servizio di crowdsourced testing (l’azienda produttrice del bene) e il crowd (coloro che testeranno il bene proposto dall’azienda).

Internazionalmente, i player più forti nel campo del crowdsourced testing sono uTest, pioneristica creatura di Roy Solomon e Doron Reuveni fondata in Massachusetts nel 2007, e BugFinders, con sede in Inghilterra e capostipite del settore in Europa. E in Italia? Esistono realtà di questo tipo anche nel nostro paese?
Un caso interessante è sicuramente quello di CrowdVille, società fondata nel 2013 per rispondere alle esigenze di outsourcing delle aziende operanti nel campo delle telecomunicazioni, servizi bancari e trasporti. Applicando i principi del crowdsourced testing, Crowdville può contare su una community di oltre 25.000 utenti impegnati nella verifica del corretto funzionamento di software, app, servizi e piattaforme web.
CrowdVille permette ai tutti i suoi iscritti di essere pagati per partecipare alla co-creazione di una serie di prodotti, allargando i confini del crowdsourced testing anche a chi semplicemente vuole contribuire alla definizione delle caratteristiche di un prodotto che, molto probabilmente, utilizzerà in futuro. La rivoluzione nella rivoluzione sta proprio in questo: far provare in anteprima prodotti e servizi del mondo tech anche a chi non si occupa professionalmente di informatica, creando le basi per una connessione sempre più forte tra produttori e consumatori.

Logo_Crowdville

Potendo contare sulla variegata expertise dei suoi iscritti, CrowdVille si pone come ponte tra grandi aziende e il multiforme universo dei crowder, proponendo alle organizzazioni aziendali la collaborazione dei membri della sua community e ai tester una serie di attività ricompensate in base a diversi parametri, come la qualità delle anomalie individuate e l’inserimento di questionari di valutazione rispetto al servizio appena testato.

La mediazione tra chi richiede il servizio e chi, invece, lo svolge, getta le basi per la nascita di una vera e propria relazione bilaterale e continuativa tra interlocutore privato e il cittadino, portando ad entrambi benefici in termini di socialità, vantaggio economico, efficienza del servizio e comodità.

Fonti:
Benefits of Holistic Software Testing – QualiTest Group“, qualitestgroup.com;
Noel, Wurst. “Implementing Innovative Crowdsourced Testing: An Interview with Rajini Padmanaban“, www.stickyminds.com.

 
 
AUTORE

Denis Ughelini

Birra artigianale e digital communication sono ciò che amo. Se poi vanno a braccetto... Laureato in Strategie di Comunicazione a Padova, adoro giocare a calcio a cinque e la luce delle città spagnole.
 
 

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