Consideriamo una persona che pensa di avere tutte le carte in regola per lanciare un progetto o un’impresa ma che le banche non la pensino allo stesso modo perché magari la persona in questione è troppo giovane o non riesce ad offrire abbastanza garanzie.
In questi casi la soluzione potrebbe essere quella di rivolgersi ad un social lending, un prestito sociale; ad oggi il più famoso si chiama Zopa.
Zopa (Zone of possible agreement) si potrebbe definire un ibrido inglese tra eBay e match.com, il sito per gli incontri on line. Tutto molto facile: ci si iscrive, si specifica se si vuole vendere o comprare un credito, si pubblica il proprio profilo e il motivo per cui si chiede un eventuale prestito. L’assemblatore fa il gioco di controllare l’identità dei suoi iscritti che comunque rimangono anonimi, e dà un rating al possibile debitore decidendo in questo modo il tasso d’interesse che dovrà pagare. Qualche numero: 175mila gli iscritti in Gran Bretagna di cui il 60% sono aspiranti creditori.
Il sito funziona quindi come un vero mercato che mette in contatto persone che chiedono e che prestano denaro, con il valore aggiunto di determinare il rating anche di un piccolo debitore e non solo della grande azienda come invece fa qualsiasi banca. Le piccole imprese, infatti, non possono permettersi l’onorario delle agenzie di rating e così, nonostante il fatto che le PMI rappresentino il 65% del Pil eurpeo, spesso rimangono escluse dal mercato finanziario globale. Un altro fatto importante è il rapporto fiduciario: con i processi di concentrazione degli istituti di credito si è perso quel rapporto personale tra banchiere e imprenditore che faceva credere nella riuscita di un’idea anche senza particolari garanzie. A causa di questi problemi (ma non solo) il 47% delle imprese della UE trova nell’accesso al credito uno scoglio importante per la crescita dell’azienda e proprio per questo motivo gli stati membri sono stati invitati a far sì che la legislazione vigente incoraggiasse prestiti inferiori ai 25 mila €.
Zopa ha anticipato i tempi prestando cifre inferiori ai 23 mila € trattenendo soltanto lo 0,5% del prestito per le spese di controllo e gestione per arrivare (ad oggi) a trattare prestiti per l’equivalente di quasi 23 milioni di euro.
Gli ideatori di Zopa, a ragione, spiegano che tutti i partecipanti hanno il desiderio di sentirsi parte di un sistema, di non doversi appoggiare ad istituzioni aliene come le banche e così trovano nel progetto Zopa anche una sorta di comunità fatta di persone in carne ed ossa e non un mercato dove la fa franca solo il più furbo; del resto se l’organizzazione fornisce informazioni sbagliate su un richiedente credito, rimborsa lei stessa l’ammontare pattuito.
Centinaia di richieste di collaborazioni arrivano agli ideatori proprio dal nostro Paese, terra di forti sentimenti cameratisti e di banche molto care, tant’è che l’Italia è il terzo paese (dopo Gran Bretagna e Stati Uniti) ad offrire servizi di social lending (si veda il progetto italo-olandese Boober).
Chissà che un giorno la forza della gente potenziata dalle nuove tecnologie, non possa soppiantare l’istituzione bancaria!?!
Fonte: Ventiquattro
Ilaria Paparella