Odio l’inglese! Ormai però bisogna imparare a conviverci, soprattutto online. Accendo il mio PC e comincio a leggere qualche post: social media marketing, seo, sentiment analysis, digital content curator; questi sono solo alcuni esempi. Ragazzi, io non ci capisco nulla. Premetto che sono un novizio, che dovrei informarmi, che esiste un linguaggio specifico per ogni professione, immagino soprattutto per le nuove professioni del web (che poi tanto nuove oramai non sono), che sto scrivendo in un blog che ha tra i suoi punti di forza persone che di questi termini hanno fatto il loro lavoro, ma non resisto più e devo almeno provare a smontare questa tendenza anglosassone.
D’accordo, esistono le barriere linguistiche, ma anche i modi per superarle. Secondo questo recente studio di meta-net esiste una duplice possibilità: promuovere l’utilizzo delle nuove tecnologie del linguaggio per facilitare gli scambi e le relazioni tra cittadini europei ; oppure, alternativa definita impensabile, permettere a una sola lingua di prendere il sopravvento per sostituire tutte le lingue europee (indovinate un po’ quale sarebbe).
Sembra però che il popolo, almeno quello del web, sia a favore della seconda alternativa: il numero di contenuti online in lingua italiana, dopo un’iniziale aumento percentuale a livello mondiale dal 1,5% al 3,05% in soli sette anni (’98 – ’05), ora comincia a stabilizzarsi, mentre dai paesi in via di sviluppo si osserva un vertiginoso aumento del traffico web. La conseguenza sarà una diminuzione del numero di utenti che useranno la lingua italiana online, che rischierà di essere in netto svantaggio rispetto alla lingua anglosassone.
Questo proprio non mi va giù, non certo per uno stupido senso patriottico, ma perché le conseguenze potrebbero essere molte.
Proviamo a vederne alcune:
- Come possiamo promuovere la cultura digitale in una nazione “vecchia” la cui popolazione ha una conoscenza medio-bassa dell’inglese, se la lingua italiana è destinata a scomparire dal web? Se dobbiamo cominciare ad introdurre tutti all’utilizzo delle nuove tecnologie, come sarebbe giusto fare, non possiamo pensare di raggiungere questo scopo attraverso portali o applicazioni che utilizzeranno termini recuperati da lingue straniere.
- Pensiamo ai software specifici, ad esempio quelli per la sentiment analysis (termine purtroppo intraducibile), che sfruttano l’analisi del linguaggio. Come potremo utilizzarli al meglio con la nostra lingua, visto il suo destino online? Se non ci saranno più dati in lingua italiana da analizzare, i software non potranno restituire i loro risultati e inoltre ci saranno poche possibilità di migliorarli: il loro è un funzionamento basato su calcoli statistici e, come sappiamo, la statistica si basa sulla raccolta dei dati.
- Per finire, una questione puramente estetica. Dal mio punto di vista l’inglese è una lingua poco espressiva, mentre l’italiano permette una maggiore libertà di espressione, grazie al suo folto vocabolario. Certo è che l’inglese ha ormai contagiato la nostra lingua e che i termini specifici e professionali, molto spesso, sono intraducibili.
Bisognerebbe cercare un equilibrio. L’unica certezza che vi posso dare è che chi leggerà i miei post non avrà timore di arrivare alla fine, senza averci capito una mazza. Giusto per essere professionali!
Credit for image: Centro studi etnografia digitale