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Giovani che non rompono le scatole

Interessante dibattito ieri presso la manifestazione “fareturismo” a Roma, per la seconda volta in due giorni sento dire “i ragazzi non rompono le scatole, durante uno stage o a lezione non vengono a braccarmi di domande, a chiedermi di tutto, a spremere sapere“, subito dopo “sono sfiduciati, stanchi, asettici, senza voglia e verve“. Questa frase mi è rimasta in testa e vorrei qui ragionarne con voi. Sono piuttosto combattuto tra due sensazioni: da una parte è senza dubbio palese la complessità dei tempi in cui viviamo ed è quindi quasi lecito attendersi dalle nuove leve un atteggiamento difensivo e attendista, dall’altra però è proprio con la grinta che si esce da una situazione di stallo o meglio è con l’energia positiva che si costruisce un futuro diverso. O almeno si rinuncia a strisciare nella vita.

Una bella discussione sul futuro del lavoro e sul lavoro del futuro è nata su fistdraft partendo da un pezzo di Ricolfi su “La stampa” di sicuro impatto. Sostanzialmente Ricolfi dice che i lavori disponibili non sono più per gli italiani, perché gli italiani non li vogliono più fare. L’occupazione straniera è cresciuta moltissimo durante la crisi, semplicemente perché gli stranieri accettano mestieri che gli italiani non vogliono più fare. Una bellissima chiosa su questo tema è venuta ieri da una nota giornalista che, durante una chiacchierata informale mi ha detto “Giorgio, io voglio che ad imbiancarmi la casa venga un imbianchino, non un biologo molecolare”. Un contesto complesso in cui convivono tre elementi:

  • Giovani italiani che dichiarano di voler lavorare ma sono, giustamente, selettivi nelle proprie richieste alla luce della formazione ricevuta
  • Mercato del lavoro in fermento su posizioni che gli italiani non intercettano e offerta che supera la domanda quando si parla di lavori cui i nostri giovani aspirano
  • Formazione erogata “a compartimenti stagni” senza possibilità di personalizzazione e giovani che, respinti dal mondo del lavoro, tornano sui banchi di scuola tra master e specializzazioni con l’obiettivo di formarsi ulteriormente ma anche di rimandare la propria agonia (un’altra frase che mi è rimasta impressa è “serviamo il menù della mensa in termini di formazione mentre i ragazzi ci chiedono preparazione alla carta“)

Sarebbe troppo bello e troppo facile prendere le parti degli arrivati e dare ragione a chi lamenta mancanza di proattività nei giovani, proprio perché non è facile essere proattivi in un momento del genere. C’è però anche la sensazione che qualcuno “vada un po’ sedendosi” su questa crisi galleggiando nella vita nel periodo universitario. Anche in questo blog abbiamo intercettato tante eccellenze, abbiamo visto che per chi lo vuole il lavoro non manca, il problema più grande forse è che non esiste più il lavoro che vorremmo fare. A mio avviso è il momento ideale per crearselo

 
 
AUTORE

Giorgio Soffiato

Markettaro per passione, dal 1983. Mente creativa e progettuale dell'azienda, fa chilometri e supera ostacoli in nome della rivoluzione arancione chiamata Marketing Arena. Cavallo Pazzo.
 
 

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