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Giocattoli e comunicazione di genere

Il Natale è ormai alle porte e se si accende la televisione all’ora della merenda è lecito imbattersi nello show delle pubblicità di giocattoli che aiuteranno i bambini a scegliere cosa chiedere a Babbo Natale. Violetta e i personaggi di Frozen sono i doni più desiderati dalle femminucce, mentre i maschietti sembrano preferire i giochi d’azione e i supereroi. Ma anche a chi non ha un occhio esperto delle ultime tendenze tra i giocattoli, una cosa balzerà agli occhi: il mondo delle bambine è rosa mentre quello dei bambini è azzurro.

Una ricerca condotta dall’Università della California sulle pubblicità di giochi dagli anni ’20 ad oggi dimostra che le cose non sono sempre state così e che 50 anni fa la discriminazione di genere e il sessismo in questo settore erano decisamente inferiori a quelle dei nostri giorni, nonostante fossero normali nella società. Ciò non significa che l’industria dei giocattoli vivesse una situazione più democratica, ma semplicemente che la categorizzazione “giochi per femmine” e “giochi per maschi” è diventata un fenomeno crescente a partire dagli anni ’90, tanto che ad oggi, il sito del Disney Store non prevede nemmeno una sezione di articoli che possa andare bene ad entrambi i sessi.

Ma vediamo come è evoluta la questione di genere: tra il 1920 e il 1960 i giochi per bambini erano strettamente legati alle attività domestiche e al ruolo materno e di accudimento. Per esempio, nel 1925 il catalogo di Sears, famoso punto vendita canadese, lanciava questo annuncio: “Mamme! Ecco un pratico giocattolo per le vostre figlie! Ad ogni bambina piace fare le faccende di casa!”
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Allo stesso tempo, i maschietti si preparavano ad entrare nell’industria economica attraverso giochi legati all’edilizia e alla meccanica. Nel 1925 Sears irrompe con l’annuncio: “Ogni ragazzino adora trafficare e costruire cose. Con Erector Set potrà soddisfare queste sue inclinazioni e raggiungere un buon sviluppo mentale senza troppa fatica.. imparerà i fondamenti dell’ingegneria!”
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Le differenze in questi anni sono evidenti, ma la pubblicità di genere nel settore dei giocattoli ha avuto delle notevoli trasformazioni agli inizi degli anni ’70, in occasione dei movimenti femministi e dell’integrazione delle donne come forza lavoro. Ora ci si poteva aspettare di vedere una ragazzina reclamizzare una costruzione o un bambino giocare con le pentoline.

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E poi è giunta l’ora della controtendenza: tra gli anni ‘80 e ‘90, la diminuzione delle discriminazioni di genere nella sfera sociale è proporzionale all’aumento della divisione per sesso nell’industria dei giocattoli per l’infanzia che si è definitivamente colorata di azzurro e di rosa. Tuttavia è evidente che i riferimenti sessisti sono decisamente meno espliciti rispetto a quelli dei decenni dal 20 al 60, ma non sono spariti! Si sono solo trasformati: le piccole donne di casa dei primi anni ‘20 non sono altro che le piccole principesse rosa dei nostri giorni. E i giovani costruttori in erba di 50 anni fa sono gli eroi forti e senza paura del 2014. Anche se le figure sono cambiate, il ruolo maschile resta dominate mentre quello femminile ha ancora una connotazione passiva.

Al giorno d’oggi la questione di genere è sempre più al centro del dibattito sociale, e spesso si discute se la categorizzazione “giochi per femmine” e “giochi per maschi” possa ripercuotersi sulla vita futura dei più piccoli. Di sicuro in questo post non esaurirò la questione ma parlando da ex bambina spero che ognuno possa ricevere quello che desidera, rosa o azzurro che sia, perché il gioco in sé è la cosa più importante.

 
 
AUTORE

Ilaria Sofia Ragona

Universitaria appassionata di marketing, social media e pubblicità. Ho una doppia vita: di giorno studio Strategie di Comunicazione a Padova e di notte faccio la community manager. Sono curiosa e non riesco a fare a meno di cimentarmi in nuove imprese e avventure. Adoro la musica, i cardigan colorati e le conferenze di settore.
 
 

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