HomeBlogMarketing e ComunicazioneHa ancora senso distinguere B2B e B2C?

Ha ancora senso distinguere B2B e B2C?

In un periodo di confini sfumati, di divisioni non più così nette tra mondi visti un tempo come antitetici e di silos meno robusti che mai, ha ancora senso di esistere una dicotomia tra B2B e B2C? Qualche riflessione sul tema era già stato fatta qualche mese fa, in questo articolo il cui l’accento si poneva sugli elementi del valore in contesti, appunto, B2B. Che tra le due estremità della cornetta ci siano sempre delle persone aggiunge poco al dibattito, a mio avviso, perchè i comportamenti d’acquisto sono, ad oggi, ancora differenti a sufficienza per potersi concedere il lusso di affrontare ciascun di questi mondi con le dovute specificità e peculiarità. Ad oggi, perchè è lecito aspettarsi evoluzioni, anche in questo senso.
 

I due opposti, infatti, si stanno avvicinando. Chi fino a ieri si era nascosto dietro all’etichetta del B2B, almeno limitatamente alle dinamiche di marketing, non si può più permettere di ignorare che il terremoto digitale è arrivato anche nei contesti in cui si vendono bulloni, tubi per il petrolio o forni industriali.
 

Questo dato di fatto ci introduce al tema del giorno: l’impatto che l‘evoluzione del processo di acquisto B2B (a causa, appunto, del digitale) ha avuto a livello organizzativo nel rapporto tra marketing e sales, eterni rivali per un pungo di dollari di budget in più (sul tema è sempre consigliata una letta all’articolo di Kotler).
 

Un recente articolo di BCG tratta a tutto tondo l’argomento, partendo da una considerazione: ad oggi, il punto di contatto personale tra chi compra e chi vende avviene molto più verso la parte finale dell’imbuto che rappresenta il processo d’acquisto. In altre parole, il percorso è caratterizzato da sempre più interazioni (digitali ma non solo) tra chi compra e il brand di interesse prima di un contatto diretto con la forza vendita. In altre parole ancora: il marketing passa la palla al sales sempre più tardi nel processo d’acquisto: impensabile fino a qualche anno fa, quando dalla valigetta del venditore uscivano brochure e materiali di comunicazione.
 

Riprendendo testualmente BCG:

“Marketing’s mandate has expanded to include­ being the key interpreter of customer needs and pain points across the buying journey”.

 

L’infografica qui sotto ci aiuta a capire meglio questo concetto.


 

In un contesto come quello dipinto fino ad ora, sono 6 i driver da considerare per raggiungere una sempre più completa integrazione tra marketing e sales, sempre secondo BCG:
 

  • investire risorse per comprendere al meglio le modalità con cui i buyer usufruiscono dei canali digitali: maggiori interazioni, soprattutto online, prima di contatto personale con il sales team significa produrre contenuti per soddisfare il fabbisogno di informazioni e facilitarne il reperimento. Quindi? Sempre più focus su contenuti di tipo inbound e ad esperienze di navigazione pensate per chi dovrà usufruire dei contenuti stessi. Facile a dirsi, molto meno a farsi.
  • integrare tecnologie e dati tra marketing e vendite. Il CRM in questo diventa uno strumento vitale, dal quale non si può prescindere per un approccio davvero cliente centrico che consideri tutte le interazioni tra brand e possibile buyer lungo tutto il percorso d’acquisto. Dal punto di vista dei dati, riprendendo alla lettera l’articolo di BCG, le aziende devono mettersi nelle condizioni di costruire una “single source of truth” dalla quale ricavare tutte le informazioni sui clienti per prendere decisioni
  • misurare i risultati lungo tutta la journey, per arrivare a calcolare la redditività di ogni singolo euro investito nelle attività di marketing. Spesso, troppo spesso, non c’è infatti dialogo tra i sistemi di misurazione delle performance di chi lavora per generare opportunità e di chi lavora per chiudere i contratti. Da dove partire? Anzitutto da una chiara e comune definizione di ciò che si intende per lead, da come avviene il processo di scoring delle opportunità, da un maggior dialogo sull’esito delle negoziazioni commerciali e da un sistema di attribuzione che tenga conto di tutti i passaggi del buyer lungo il funnel di conversione.
  • abbattere i maledetti silos che storicamente dividono marketing e vendite. Metodologie come l’ABM (account-based-marketing) possono senza dubbio aiutare, perchè prendono come oggetto delle riflessioni un segmento di clientela (account) e non una funzione aziendale (marketing o sales).
  • accumulare le competenze necessarie per rendere il marketing una funzione davvero strategica e a tutto tondo, che fa rima con accaparrarsi i migliori talenti in circolazione ed inserirli all’interno di questi team. Alcune aziende stanno già vivendo questo trend di insourcing di competenze, come testimonia questo articolo di Business Insider 
  • Il sesto pilastro è forse il più sfidante: investire nella cultura e nel talento per generare fonti di vantaggio competitivo. Obiettivi comuni, velocità nel prendere decisioni e agilità possono essere dei driver dal valore non trascurabile per le imprese B2B.

 

Tutti questi ragionamenti saranno al centro della seconda edizione del B2B Day, in programma il 10 ottobre a Milano. Sentiremo Manager, Imprenditori ed esperti del settore a confronto su queste tematiche, in una giornata in cui l’obiettivo principale è immagazzinare cultura e arricchire la propria cassetta degli attrezzi digitale.

 
 
AUTORE

Alberto Casna

Animale sociale dal 1990. In fissa con e-commerce e retail management. Esploratore.
 
 

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