Tra le novità introdotte dal Decreto Sviluppo 2.0 merita particolare attenzione la c.d. start up innovativa, un vero e proprio nuovo istituto giuridico che si fonda sul binomio sviluppo tecnologico ed occupazione giovanile. In sostanza siamo di fronte ad una società di capitali che si contraddistingue per una serie di particolari e limitanti attributi che le conferiscono la qualifica di “innovativa”.
Oltre a caratteristiche, per così dire classiche, che riguardano la struttura della società (soci persone fisiche, soglie di fatturato, no distribuzione di dividendi ecc..) si aggiungono ulteriori requisiti “innovativi” da rispettare (articolo 25 D.L 18.10.2012), che rendono ancor più complessa una normativa già di per se di difficile interpretazione, con la conseguenza che si crea un ostacolo alla loro costituzione e diffusione. Altro non è che la medesima problematica già analizzata per il regime dei minimi e delle s.r.l. semplificate.
La linea perseguita dal Legislatore è volta anche ad incentivare l’investimento di capitali da parte di terzi attraverso l’ottenimento di benefici fiscali in capo al soggetto finanziatore:
- alle persone fisiche viene riconosciuta una detrazione d’imposta del 19% della somma investita, fino ad un massimo di 500.000,00 € per anno d’imposta;
- per le società, invece, il beneficio fiscale riguarda una deduzione ai fini IRES pari al 20% della somma investita fino ad un massimo di 1.800.000,00 € per anno d’imposta.
Altra importante novità introdotta dal D.L. è la ricerca di capitali sulle piattaforme online di crowfunding. Ma non è sufficiente.
Perché il Legislatore non ha cercato di insistere maggiormente con misure dirette ad incentivare ed attrarre gli investitori privati e non? Perché non facilitare l’incontro tra chi richiede fondi, capitali e chi invece li mette a disposizione?
Dopotutto si sa che il vero problema per chi propone un progetto innovativo, soprattutto se giovane imprenditore, è riuscire ad ottenere i finanziamenti per le fasi di avvio e sviluppo.
Purtroppo in un paese in cui il sistema creditizio prevalente è quello bancario e con una mentalità, aggravata dalla crisi, prettamente avversa al rischio, difficilmente si concedono finanziamenti se non ampiamente coperti da garanzie.
Fortunatamente la tendenza sta cambiando, un poco alla volta anche l’Italia si sta aprendo verso nuovi strumenti (come il crowfunding) che in altri paesi sono già utilizzati da anni con ottimi risultati; basti pensare a terminologie come venture capital, private equity, business angels, crowfunding le quali sono, ai più, sconosciute.