HomeBlogMarketing e Comunicazione2018, la terra che verrà: davvero?

2018, la terra che verrà: davvero?

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Il geologo Pietro Cambi e l’illustratore Luca Scaramuzzino hanno immaginato il mondo tra cent’anni nel dossier della rivista Nuova Ecologia, uscita in occasione dell’Earth Day, il 22 Aprile scorso. E’ emerso un viaggio tra il sogno e la (sperata) realtà, tra navette supersoniche e biciclette potenziate, un viaggio che vede l’high-tech elemento dominante e salvifico del Pianeta Terra dove grattaceli, traffico e rifiuti saranno banditi.
Su cosa punta il dossier nello specifico? Agricoltura a km zero: prodotti poco costosi e poco inquinanti coltivati in loco seguendo il ciclo naturale delle stagioni usando fertilizzanti naturali e tecnologia avanzata. Nel 2060, dopo l’esaurimento delle falde acquifere, l’erosione, il costo esorbitante di petrolio e sementi, ci sarà, prevedono gli autori, una crisi profondissima, da cui rinascerà un’agricoltura simile a quella di due secoli fa, con prodotti tipici e biologici.
Le case saranno totalmente ecologiche, rivestite da vernici fotovoltaiche in grado di produrre energia, che utilizzano display Oled per produrre luce consumando pochissimo e che usano la demotica per ottimizzare la gestione energetica. Passata l’epoca del cemento si dovrà ricominciare a costruire usando pietre e mattoni, materiali meno dispendiosi e dov’è possibile, saranno evitati i grattaceli; per quanto riguarda i rifiuti, problema tanto sentito, la differenziazione sarà un must e la successiva raccolta porta a porta permetterà di impiegare i rifiuti organici per concimare le culture vicine e gli altri per produrre metano. Altro problema odierno: la mobilità; nel prossimo futuro, prevedono gli autori del dossier, ci sarà un’esplosione di mezzi on demand, quindi via libera all’uso del car sharing e le auto saranno via via sostituite dai “modular” macchine robot da assemblare al momento a seconda dell’esigenza dei passeggeri. Navi e treni useranno l’energia fotovoltaica e eolica e su lunghe tratte verranno impiegati dirigibili che permettono di volare intorno ai 12 mila metri sfruttando correnti a getto ed energia solare.
Tutto questo è emozionante e sicuramente auspicabile, ma sarà che sono impaziente, sarà che queste cose necessitano di cicli lunghi di assestamento ma non vedo un serio “darsi da fare” su queste tematiche. Dal protocollo di Kyoto quanto davvero si è mobilitato? Mezza Italia non sa nemmeno cosa sia la raccolta differenziata.. tanto per fare un esempio. E a livello globale, per un caso emblematico (Svezia, Finlandia?) quanti casi peggiorativi troviamo? Davvero le economia emergenti che stentano a trovare ordine economico e sociale ce la faranno in una manciata di decine d’anni ad adeguarsi a queste “finezze” tecnologiche? Non vorrei essere catastrofica ma ho il timore che di questo passo saranno le così dette economie avanzata ad accollarsi il prezzo dello sviluppo delle economie emergenti in termini di qualità della vita.

 
 
AUTORE

Ilaria Paparella

 
 

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