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10 domande scomode a H-Farm

Ospitiamo oggi un’intervista particolare, ospite di MarketingArena è Giuseppe Folonari, Associate presso H-Farm Ventures, che ha accettato di rispondere ad alcune delle domande che più spesso ci sentiamo fare su H-Farm e che per un po’ di tempo sono rimaste senza una risposta.. beh… bastava chiedere! Noi l’abbiamo fatto e vi lasciamo a godervi le risposte di Giuseppe, il dibattito è aperto!

Senza dubbio H-Farm è oggi uno dei più grandi catalizzatori di innovazione, investimenti ed energia imprenditoriale in Italia e nel nord est, la recente attenzione della politica per il vostro acceleratore ha fatto storcere il naso a qualcuno, cosa si può rispondere a chi vede “interesse” dietro alla presenza di ministri e presidenti di regione sul prato di Roncade?
Il prato di Roncade è sempre stato aperto a tutti, dagli ospiti anonimi a chi partecipa agli Storming Pizza, fino Carl Schramm, passando (anche) per diverse figure politiche: il filo conduttore che accomuna queste visite è solo l’interesse per il nostro lavoro ed è parte del nostro commitment capitalizzare questa attenzione a favore delle startup in cui abbiamo investito.
E’ innegabile, però, che ultimamente l’attenzione delle istituzioni si sia intensificata e gli eventi di Italia Startup sono stati qualcosa di più di una semplice visita di piacere; è evidente che le startup sono entrate nel radar del Governo e noi vogliamo cogliere quest’opportunità: chi dice che speriamo di trarre giovamento da questo confronto ha perfettamente ragione, vogliamo trarre il massimo in termini di vantaggi per le startup e per chi le supporta, solo che non c’è nessuna trama oscura, nessuna richiesta che non sia stata messa per iscritto in un rapporto, consegnato al Ministero perché seguisse il suo iter camerale.

NB: vale la pena di distinguere tra H-Farm e Italia Startup: associazione di cui siamo parte, con convinzione, ma di cui non rappresentiamo l’interezza (anzi: Nana Bianca, The Net Value, AHREF…)

La sensazione è che oggi l’ecosistema start-up sconti un effetto moda che solo in parte si rivela positivo, come riuscite a gestire la crescente mole di richieste di contatto e idee proposte? I parametri che molti citano come fondanti per la valutazione di un progetto imprenditoriale (team, team, team prodotto, mercato ad esempio) sono sensati e realistici o la vostra realtà ha un proprio schema di valutazione? Se si, lo stesso è criptico come un algoritmo di Google o è possibile “prepararsi” ad un pitch ed avere maggiori probabilità di successo?
Il numero di proposte di investimento è in crescita, ma non solo per moda: anche la qualità media dei progetti si è alzata (seppure in minore proporzione); in termini di criteri di valutazione non facciamo eccezione: team, prodotto, mercato (in quest’ordine); non esiste un rakning puntuale, noi usiamo questo metro ma lo adattiamo ad ogni caso specifico.

Stesso discorso per il pitch, al di là di un pò di buon senso (sintesi, far vedere il prodotto quando c’è, provare l’esposizione tante volte, spiegare il proprio business alla nonna…) non ci sono regole specifiche e, come sempre, si migliora facendoli.

Altri detrattori (o sempre gli stessi) sostengono che Farm non può vantare a portafoglio exit significative e rappresenti un grande business immobiliare. Anche in questo caso è forse giusto dare diritto di replica, avete qualcosa da dire? E’ curioso anche il vostro “basso profilo” nel non rispondere mai a queste uscite e boutade, c’è un motivo per questo basso profilo in comunicazione da parte di chi potrebbe facilmente fare molto rumore?
Tutto quello che si può dire sulle nostre exit sta sul sito (assieme ai nostri fallimenti, peraltro):

Shicon, Logopro, Wishpot sono operazioni in corso d’opera, basate su earn out che ne determineranno i valori finali, i nomi delle società acquirenti sono tutti sui rispettivi siti.
Indubbiamente non sono operazioni da Silicon Valley e in molti casi (vedi H-art) non si tratta della tipica startup web, ma quello che è rilevante per noi è la costruzione di un track record di “piccoli” successi imprenditoriali per dare continuità al nostro modello di investimento.
L’importanza dello spazio fisico nella visione di Farm è chiara a chiunque ci sia stato almeno una volta; passiamo una parte consistente delle nostre giornate in ufficio – come tutti, d’altronde – il fatto di farlo in un posto dove stai bene non può che essere un vantaggio.
Se non rispondiamo alle boutade può essere per due motivi: stiamo lavorando (99%) o stiamo bevendo un spritz (1%).

Spesso le start-up hanno un’ottica di breve periodo, e lo stesso H-Camp è un percorso tanto interessante quanto sfidante per una persona che ha un progetto da coltivare. Cosa accade nella vostra esperienza ad una start up in un’ottica di medio o lungo periodo? Cosa sarà e come sarà H-Farm tra 5 anni?
Credo che l’unica, vera, strategia di lungo periodo per una startup sia “fare in modo di essere ancora viva nel lungo periodo”; pochi business che non pensano (anche) alla loro sostenibilità riescono a innescare profili di crescita esponenziali. L’obiettivo di H-Camp non è quello di trovare il modello di business per i prossimi 5 anni, ma sperimentare per individuare quello che funziona oggi (o quello che non funziona): è un ciclo di iterazione per mettere a terra le fondamenta, ma non deve essere considerato come un punto d’arrivo, né in ingresso né alla fine.
Lo stesso vale per H-Farm, l’unica cosa che si può dire è che sarà diversa, noi crediamo più grande!

A livello di mercato, dove sta andando l’offerta globale delle start up e come si configura in questo mercato H-Farm? E’ pensabile per una realtà italiana confrontarsi con gli americani o parliamo di “altri mondi su altra scala”?
Per gli USA, ragionevolmente sì; una startup italiana difficilmente compete in termini di capitalizzazione e mercato con una americana (ma esistono eccezioni); chi vuole una exit americana oggi deve andare in America, sembra banale dirlo ma giova ricordarlo; oggi, però, ci sono enormi opportunità anche in Europa e le barriere internazionali si stanno abbassando: vogliamo portare dei team turchi in Farm, abbiamo fatto co-investimenti con fondi tedeschi (BDMI) e spagnoli (Cabiedes), un fondo inglese ha investito in Garage…

Quali sono i “paesi emergenti” nel panorama imprenditoriale?
Di recente siamo stati in Turchia a un evento di StartupBootcamp: la scena startup sta seguendo lo sviluppo del Paese, davvero molto interessante; l’India è un nostro obiettivo già da tempo, ma non è certo una novità.

La scelta di concentrarsi sull’accelerazione del business in ambito digitale in qualche modo “chiude” ad H-Farm grandi opportunità come le fasi preliminare e successiva (venture?) di questo percorso ed il finanziamento di realtà non digitali di sicuro interesse, perché questa decisione piuttosto radicale in un mondo in cui “tutti sono un po’ incubatori”?
E’ una scelta di buon senso, derivata da 7 anni di esperienze e trials&errors, come tutti: non possiamo martellare le nostre startup per farle restare focalizzate sul loro business e poi fare un pò di tutto noi stessi 🙂

Vi capita di non investire in start-up che poi hanno un grande successo? Questa cosa genera in voi una sorta di “rammarico” o sviluppate un debrief che vi porta a capire i motivi di questa particolare decisione di business “errata”?
Sì, capita, ma questo è un mondo di decisioni inevitabilmente soggettive (e cerchiamo di precisarlo sempre nei nostri feedback); per dirla con Fred Wilson: “You can’t invest in all the good companies, just make sure the ones you do invest in are good.”
In fondo, poi, ogni successo in questo campo contribuisce alla crescita di tutti e comunque un po’ di sano rammarico ti fa venire voglia di fare di meglio.

I ben informati dicono che grandi famiglie e realtà italiane si stanno muovendo con forza nell’investimento in start up, l’avvento di capitali è sempre un bene? Questo significa qualcosa? Se la finanza old style entra in questo mondo siamo di fronte ad una conferma della bontà del trend o rischiamo di giocare con regole nuove non per forza migliori?
L’early stage richiede una curva di apprendimento più lunga di altre tipologie di investimento, non credo sia un male che si aggiungano nuovi operatori, è un segno di maturazione del mercato che deve essere incoraggiato e protetto, mantendo alto il livello di professionalità sia dal lato delle startup che da quello degli investitori e su questo punto stiamo tutti imparando: si sta semplicemente allargando la “classe”.

Gioco del 3. Tre start up che ti hanno colpito nella tua esperienza, tre start up emergenti che in Italia non sono ancora molto conosciute, tre start up che hanno fallito ma non lo meritavano 🙂
Fubles, Viamente, Responsa
Foooblr, Tyk.li, Lovli
Nessuna startup *merita* di fallire 🙂

 
 
AUTORE

Giorgio Soffiato

Markettaro per passione, dal 1983. Mente creativa e progettuale dell'azienda, fa chilometri e supera ostacoli in nome della rivoluzione arancione chiamata Marketing Arena. Cavallo Pazzo.
 
 

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