Ecco un bel caso di innovazione che si sposa con la sostenibilità e il bene comune trasformando il concetto di design e dimostrando che per innovare basta davvero poco.
L’altro 90 (%), richiamato dal titolo, è la quota di umanità che vive sotto la soglia della povertà e a cui alcuni designer hanno pensato fermandosi per un momento di lavorare per il 10% del mondo ricco. Per questi milioni di persone alcuni designer hanno progettato oggetti utili e poco costosi; dalla ruota-contenitore che permette di trasportare 75 l d’acqua, alla cannuccia salvavita che permette di purificare anche l’acqua delle pozzanghere, tutti oggetti che fino a poco tempo fa si trovavano in mostra al Cooper-Hewitt-National Museum di New York e che erano da ammirare per il fatto di costituire risposte a bisogni essenziali, vitali, di coloro che non vivono nelle ristrette aree del mondo ricco. Design per quei 2,8 milardi di esseri umani, per esempio, che vivono con meno di due dollari al giorno, per quel 70% degli abitanti del terzo mondo che vivono senza aver accesso all’elettricità, alla sanità e alle scuole ma anche per i 3 milioni e mezzo di homeless dei ricchi Stati Uniti. Un 90% che significa l’enorme cifra di 5 miliardi e 800 milioni di persone che non hanno accesso a quello che noi consideriamo basilare per vivere una vita normale: una casa (un rifugio in molti casi), acqua pulita, cibo. Questi, tra l’altro, i temi in cui è divisa la grande mostra (rifugio-casa, salute, acqua, educazione, energia e trasporti). Dai pozzi d’acqua, alle protesi per mutilati, dai ripari per i lavoratori clandestini ai computer di One Laptop per Child, progetti firmati da sconosciuti designer la cui realizzazione incide però sulla vita di un numero di persone ben più ampio di quello raggiunto dai più noti nomi di designer alla moda.
Tutto questo per riflettere su valore politico e sociale del design e delle possibilità che questo ha di rendere più vivibile l’esistenza alla stragrande maggioranza di uomini e donne di questo mondo, senza pensarlo soltanto come “ornamento estetico” per cose da ricchi, concetto tra l’altro superato negli ultimi anni. Il concetto di democratizzazione del design si fa così tangibile e anzi, esso diventa promotore di un nuovo modo di pensare alla sostenibilità, fondendo divertimento, attenzione estetica e utilità e diventando forza attiva che si interressa di problematiche sociali.
http://other90.cooperhewitt.org/
http://style.it
L’altro 90 (%), richiamato dal titolo, è la quota di umanità che vive sotto la soglia della povertà e a cui alcuni designer hanno pensato fermandosi per un momento di lavorare per il 10% del mondo ricco. Per questi milioni di persone alcuni designer hanno progettato oggetti utili e poco costosi; dalla ruota-contenitore che permette di trasportare 75 l d’acqua, alla cannuccia salvavita che permette di purificare anche l’acqua delle pozzanghere, tutti oggetti che fino a poco tempo fa si trovavano in mostra al Cooper-Hewitt-National Museum di New York e che erano da ammirare per il fatto di costituire risposte a bisogni essenziali, vitali, di coloro che non vivono nelle ristrette aree del mondo ricco. Design per quei 2,8 milardi di esseri umani, per esempio, che vivono con meno di due dollari al giorno, per quel 70% degli abitanti del terzo mondo che vivono senza aver accesso all’elettricità, alla sanità e alle scuole ma anche per i 3 milioni e mezzo di homeless dei ricchi Stati Uniti. Un 90% che significa l’enorme cifra di 5 miliardi e 800 milioni di persone che non hanno accesso a quello che noi consideriamo basilare per vivere una vita normale: una casa (un rifugio in molti casi), acqua pulita, cibo. Questi, tra l’altro, i temi in cui è divisa la grande mostra (rifugio-casa, salute, acqua, educazione, energia e trasporti). Dai pozzi d’acqua, alle protesi per mutilati, dai ripari per i lavoratori clandestini ai computer di One Laptop per Child, progetti firmati da sconosciuti designer la cui realizzazione incide però sulla vita di un numero di persone ben più ampio di quello raggiunto dai più noti nomi di designer alla moda.
Tutto questo per riflettere su valore politico e sociale del design e delle possibilità che questo ha di rendere più vivibile l’esistenza alla stragrande maggioranza di uomini e donne di questo mondo, senza pensarlo soltanto come “ornamento estetico” per cose da ricchi, concetto tra l’altro superato negli ultimi anni. Il concetto di democratizzazione del design si fa così tangibile e anzi, esso diventa promotore di un nuovo modo di pensare alla sostenibilità, fondendo divertimento, attenzione estetica e utilità e diventando forza attiva che si interressa di problematiche sociali.
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