Dico la mia sulla mia stessa provocazione:
Cosa intendiamo per web 2.0 al servizio delle imprese?
A mio avviso l’utilizzo di tecnologie e piattaforme di proposta e sviluppo di contenuti che favoriscono e massimizzano l’interattività e l’interconnessione tra le tecnologie stesse con l’obiettivo di relazionarsi con l’utenza ed attivare con la stessa un rapporto, sia esso commerciale, economico o informativo.
Il web 2.0 è un mezzo o un fine?
Il web 2.0 è decisamente un mezzo. Per conto mio la miglior rappresentazione è quella di un megafono. Se ho qualcosa da dire lo dirò con maggior forza, se non ho informazioni potrò comunicare ben poco
Quali sono gli obiettivi perseguibili con strategie di web 2.0? E quali sono quelli in cui il web 2.0 “calza a pennello”?
Anche se probabilmente alle aziende piacerebbe sentirsi dire che il web 2.0 è il non plus ultra per il commercio elettronico o massimizza il sell out sul punto vendita, la realtà è a mio avviso un’altra. L’utilizzo di questi strumenti da il suo meglio per:
- aumento della brand awareness
- crm (social)
- ricerca e sviluppo
ed aggiungo che a mio avviso esiste un parallelo tra blog come futuro delle pr e “nuovo ufficio stampa” e social networks come futuro del crm (oltre ad altro..)
Il blogging aziendale è morto? Perché i blog hanno una penetrazione così bassa e un tasso di aggiornamento irrisorio rispetto al numero di blog aperti?
Il blogging aziendale è costoso e difficile, a rischio autoreferenzialità se internalizzato e a rischio banalità se in outsourcing, per questo motivo probabilmente è un’attività di nicchia che tale resterà anche se si è rivelato eccellente per dare luce a prodotti, servizi e competenze (è forse il top per il personal branding).
Perché il web 2.0 fa tanto rumore ma non incide pesantemente sui fatturati delle aziende? E’ davvero cosi?
A mio avviso per due motivi: innanzitutto le aziende ci hanno creduto fino a un certo punto, destinando parte del già basso budget destinato al web marketing. In secondo luogo esistono alcune attività core come i vantaggi distributivi e le politiche di prodotto che innegabilmente garantiscono una correlazione diretta e tangibile tra causa (muovo la leva prezzo) ed effetto (cambiano i margini e i volumi), correlazione che solo oggi e con fatica cerchiamo di tracciare con strumenti di social media analytics che però faticano ad essere compresi da chi si ferma alle pageviews come metriche di valutazione. Il web 2.0 è però uno strumento fenomenale per quelle aziende, come le PMI, che difficilmente avrebbero accesso a causa dei budget richiesti alle leve di comunicazione tradizionale.
Si può fare web 2.0 nel B2B?
Si, a patto di non considerare web 2.0 solo il tweet del lancio di un nuovo prodotto. Un video (commentabile) che racconta i plus manifatturieri può benissimo essere presente nello sviluppo (e soprattutto nel supporto) di una strategia commerciale b2b. Cosi come il supporto alle R&D o al CRM.
Esistono settori, prodotti e servizi per cui il web 2.0 è più o meno indicato?
Senza dubbio, il web 2.0 è particolarmente indicato per diffondere cultura su un tema specifico, o meglio raccontare una storia. Tutte quelle informazioni che una comunicazione classica non riesce a trasmettere in 30″ o che non “ci stanno” in un 6×3 sono ben accette su un video youtube o su una pagina del sito, a patto che siano abbastanza interessanti da giustificare un interesse. Ci sono aziende che hanno più storie da raccontare ed altre che ne hanno meno, aziende che hanno storie più o meno interessanti, compito dei consulenti è anche quello di intravedere storie dove altri vedono meri processi aziendali.
Pensando al web marketing, ma anche al marketing in generale, il web 2.0 è tra le killer app del futuro o è comunque destinato a giocare un ruolo sempre e solo di “amplificatore di altre attività”? Pensiamo ad esempio ad un confronto con leve come il prodotto e la distribuzione..
A mio avviso buona parte degli strumenti di web 2.0 per come sono comunemente intesi e per come il mercato li sta trattando sono strumenti di comunicazione. Google, Facebook e gli altri hanno scelto di divenire dei media guadagnando sulle impressions e sulle campagne di comunicazione con un modello tutto sommato simile al modello di advertising tradizionale, questa assenza di innovazione nei modelli di comunicazione fa del web 2.0 in gran parte uno strumento di “broadcasting interattivo”. Ci sono di certo spazi e piattaforme che possono far traboccare il vaso nel più ampio contenitore del marketing, e forse in contenitori ancora più ampi, ma non si può chiedere ad uno strumento di relazione e comunicazione di risolvere le magagne distributive o di prodotto, come dico spesso “faccio il consulente, non il mago”.
Qual è il caso aziendale che ti sentiresti di indicare come “manifesto” del web 2.0?
Spero che altri dopo di me citeranno casi più integrati, a me è piaciuta molto l’idea da first mover o da primo dei follower di will it blend, per chi non la conoscesse…
C’è il ragionevole sospetto che questa attività abbia realmente contribuito all’aumento del fatturato dell’azienda
Come sarà e a chi servirà il web 2.0 del futuro?
Ho scritto la mia idea in questo post pochi giorni fa, credo che le keyword saranno: geolocal, mobile, integrazione.
Quello che è certo è che dovremo trovare un fine a tutte queste attività che portano con sé delle scorie di autoreferenzialità, overload informativo e surplus di stimoli che ci fanno perdere di vista concetti più sani e ci votano agli dei del consumo e del marketing, da leggere per ritornare con i piedi per terra “l’etica in un mondo di consumatori”, chiudo con l’autore (Bauman):
“Nella fitta rete mondiale di interdipendenza globale non possiamo essere certi della nostra innocenza morale”
Di certo i social networks e i blog non rovineranno il mondo, forse lo cambieranno ma è chiaro che le sfide che tutti noi ci poniamo passano anche da qui, ad esempio dalla scelta di specializzare i nostri giovani sulla tecnica o sull’economia, ad oggi il cavallo della tecnica (e del prodotto, e della distribuzione) sembra pagare a scapito di quello del marketing “new tech driven”, ma speriamo di sbagliarci, speriamo soprattutto che non sia semplicemente ancora il nostro momento perché solo l’adozione su larga scala renderà giustizia a tutte le opportunità aziendali e non che il web 2.0 porta con sé. E l’adozione massiccia significherà probabilmente abbattimento di molte barriere di connessione e rendite di posizione che non per forza hanno ragione di esistere nella nuova economia delle persone.