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Il brand non è l’eroe, ma lo è il cliente

Molti di voi probabilmente avranno già sentito parlare di storytelling, ovvero l’arte di comunicare raccontando storie. A livello aziendale l’utilizzo di questa tecnica viene chiamata anche corporate storytelling. Fare corporate storytelling però non significa semplicemente raccontare storie, ma creare universi narrativi all’interno dei quali il cliente si identifica e riconosce. Il suo scopo? Utilizzare l’innata tendenza dell’essere umano a rappresentare il mondo sotto forma di storie, per costruire riconoscibilità di marca e trasmettere i valori del brand. Ora, merci e marchi ci parlano, ci catturano, ci raccontano storie che rispondono alle nostre aspettative e alla nostra visione del mondo trasformando gli utenti in storytellers.

In questa ottica le narrazioni devono attivare una visione negli utenti, e spingere all’immedesimazione; per questo devono essere centrate proprio sugli utenti, anziché essere autoreferenziali e girare intorno al brand. Il brand non è l’eroe, il cliente lo è. Questo è già un buon punto di partenza per praticare nel giusto modo la narrazione d’azienda. Lo storytelling quindi è una vera e propria disciplina applicabile a più settori e implica ricerca, pianificazione e competenze. L’importanza di spostare il focus della narrazione aziendale dal brand al cliente trova fondamento nell’evoluzione del consumatore. I clienti al giorno d’oggi sono sempre più attenti e difficili da agganciare con messaggi pubblicitari standard. Si aspettano di essere intrattenuti e all’occorrenza divertiti, vogliono essere informati sui loro interessi e iniziano a diffidare di approcci concentrati esclusivamente sull’autoreferenzialità.

Che fare? Nello sviluppare le proprie narrazioni, l’azienda deve scegliere un ruolo narrativo diverso, di supporto. Se l’eroe è il cliente, suo sarà il “viaggio dell’eroe”. Ma nelle storie l’eroe è sempre assistito o supportato da altri nel compiere l’impresa: un mentore, un assistente, un oggetto magico. Ecco, l’azienda può scegliere questi ruoli. Se lo storytelling funziona bene, l’utente vive un’esperienza di immedesimazione importante con il brand, che diventa parte integrante del suo universo narrativo, o addirittura della sua identità. In questo modo è portato non solo ad utilizzare il brand in maniera continua, ma anche a dargli visibilità presso la sua cerchia sociale: per l’utente raccontare sé stesso diventa raccontare il brand, e raccontarlo nel modo più coinvolgente possibile.

Gli effetti sulla notorietà della marca e sull’adesione ai suoi valori nel pubblico sono potenzialmente straordinari, basti pensare alle best practise dei più grandi life style brands al mondo, capaci di influenzare le vite di milioni di persone. Per citarne alcuni troviamo nel mondo dell’abbigliamento Nike e Adidas; i mattoncini danesi di Lego; l’austriaca bevanda energetica Red Bull; la multinazionale della consulenza McKinsey e ancora, Unilever per i prodotti retail e Rolex per il luxury. Ovviamente le attività di corporate storytelling devono essere supportate da tutti i canali di comunicazione dell’azienda, dai più classici ai più innovativi come i Social Media.

Le piattaforme online hanno accelerato in maniera esponenziale la possibilità per le aziende di relazionarsi in maniera diretta e trasparente nei confronti della clientela diventando contenitori di racconti.

L’eroe quindi, il protagonista è l’utente – cliente che si trasforma in publisher assumendo parte attiva e indispensabile nella narrazione aziendale.

 
 
AUTORE

Marta Albertin

Una laurea in Marketing e Comunicazione per poi approdare felice nel Digital. Mente creativa e goal-oriented al quadrato.
 
 

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