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Personal branding: il pollaio dell’influenza e qualche gallo di troppo

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Chi ha visto il web marketing degli ultimi anni non può non notare un fenomeno strano, che sta accadendo: gli influenzatori si stanno schierando e posizionando sul mercato giocando una deliziosa partita a scacchi che profuma di fuffa lontano un miglio. Partiamo dai fatti: stanno emergendo un gruppo di influenzatori e blogger che fanno rumore, piacciono ai webbari dell’ultima ora (cioè migliaia di free lance e appassionati di digitale) ma piacciono meno ai webbari della prima ora, quelli che l’internet lo leggevano ai tempi di Marketing Routes. Cosa fanno di lavoro i webbari, tutti i webbari?

  • Collaborano con le agenzie
  • Fanno formazione, tanta
  • Si offrono come consulenti alle aziende

È chiaro che l’analista dell’ultima ora prende i follower come una metrica non della vanità, ma della qualità. Questo è un dato da non prendere sotto gamba: i webbari dell’ultima ora stanno portando a casa incarichi di qualità per due motivi:

  • I follower sono appunto una metrica della qualità percepita e il celolunghismo piace a tutti (anche ai manager che a volte sparando un numero sono coperti)
  • Il network di riferimento “converte” cioè genera un risultato comparabile per audience e lead generation (si, lead generation) a campagne adv, comparabile anche in termini economici

E qui casca il palco, perché i webbari lobbysti, quelli cioè che portano le persone alle aziende e agli eventi, sono presi in castagna: sono costretti ad invitare “nei salotti buoni” i webbari dell’ultima ora perché il loro network gli serve, mandano giù il virus pur di accedere all’audience contagiata.

Lo scenario cui stiamo assistendo è paradossale e ridicolo: si fa pelo e contropelo al blogger, all’editore del suo libro e alla qualità dei suoi scritti. La verità è che nessuno ha idea di dove stiamo andando e mentre tutti ci riempiamo la bocca di personal branding non stiamo osservando due regole basilari:

  • ognuno si posiziona come e dove vuole sarà il mercato, il suo mercato a dargli ragione o torto. E si badi bene “il suo mercato”. Se io mi aspetto di coinvolgere un influenzatore per il suo potere di aumentare la notorietà di un prodotto per capelli, probabilmente agirò in maniera diversa dal fatto di creare un bootcamp di codesign con figure di pensiero della rete
  • stiamo addossando agli altri l’idea di non scegliere la strategia di personal branding che abbiamo scelto noi, “dovresti fare così perché sputtani il mercato, dovresti fare così perché sei poco etico”

Fino a che i webbari dell’ultima ora non sconfinano nel falso, per me possono muoversi come vogliono. Sarà il mercato a dire se stanno portando avanti un’azione di free riding tattico nel breve periodo o se nel lungo metteranno mano all’audience di qualità dei webbari nobili, ammesso e non concesso che questa audience di qualità esiste davvero ed abbia potere di decisione. La distonia che paleso è che i webbari dell’ultima ora siedono oggi in tavoli bramati dai webbari dal palato fine, e questo è il punto che sta facendo ribollire il mercato dell’influenza.

Osservo divertito e lascio un solo consiglio: giudichiamo le persone, e giudichiamo i risultati, ma evitiamo di giudicare i rumors o l’ampiezza dei network, credo davvero che non ce lo meritiamo.

 
 
AUTORE

Giorgio Soffiato

Markettaro per passione, dal 1983. Mente creativa e progettuale dell'azienda, fa chilometri e supera ostacoli in nome della rivoluzione arancione chiamata Marketing Arena. Cavallo Pazzo.
 
 

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