Abbiamo incontrato Silvia Moggia, marketing manager di Oasi Hotel Levanto e blogger di “Silvia’s Trips”. Con lei abbiamo chiacchierato di management del turismo, di gestione dei social media e delle recensioni di un brand turistico e della sua attività in Visit Levanto.
Silvia, dopo un’infanzia tra Vernazza e Voltaggio, due microcosmi molto diversi tra loro, si trasferisce a Parigi per studiare e lavorare all’Opéra di Paris e da lì, dopo 12 anni, a Valencia per lavorare al Palau de les Arts.
Da qualche anno è rientrata alla base cambiando completamente la sua vita: ora gestisce un piccolo boutique hotel a Levanto, scrive e fa consulenze di management e marketing turistico.
Ciao Silvia, com’è il tuo rapporto con i social? Come gestisci i social del tuo hotel e il tuo “Silvia’s Trips”? Sono due cose diverse o legate tra di loro?
La relazione che ho con i social è di quelle passionali, tipo odio e amore. Me ne servo perché effettivamente utili se usati con criterio, vi trovo spunti eccellenti e talvolta mi divertono. Più spesso però mi irrito leggendo ciò che viene condiviso… svelano molto.
Il mio blog di viaggi e l’hotel sono ben distinti, seppur talvolta scriva del levante ligure anche a livello personale.
Per la gestione dei social, sia per l’hotel sia per Visit Levanto – il consorzio turistico di cui mi occupo – e per il mio blog, utilizzo PostPickr, uno strumento molto pratico e in continua evoluzione. Consente di gestire vari progetti e svariati social per progetto, avere collaboratori, pianificare la pubblicazione di singoli post o intere rubriche tematiche e riprenderle nel tempo. Lo uso oramai da due anni e mi trovo molto bene.
Per le interazioni invece ho installato Franz sul desktop: mi consente di gestire chat varie, commenti, like, condivisioni e messaggi privati, tutto da un’unica schermata.
Insomma, tra PostPickr e Franz in pratica non sono mai veramente sui social, pur dando la sensazione di una presenza costante.
Sempre più spesso, i potenziali clienti, mi permetto di includermi, hanno come punto di riferimento gli infomediari invece che agenzie o il sito web dello stesso hotel. Qual è il tuo rapporto con questo tipo di siti e secondo te come le “hotelliere” dovrebbero rapportarsi con loro? Ci sono delle strategie che ti permettono di “farti notare” rispetto agli altri hotel?
Ho lo stesso rapporto che ho con i social: me ne servo perché utili se usati con cognizione di causa, ma sempre più spesso le loro scelte pubblicitarie me li fanno odiare… loro si promuovono puntando sempre più a prezzi e policy di cancellazione, io invece punto ai servizi.
Negli ultimi cinque anni ho lavorato molto, anche per tentativi, al fine di disintermediare il più possibile e, grazie soprattutto al blog dell’hotel, mi sta riuscendo abbastanza bene. Uso il blog e di rimando i social per “essere utile” ai potenziali clienti e mai a fine meramente pubblicitario. Non parlo mai di offerte o sconti, ma do informazioni pratiche e consigli sinceri. Rispondo a un bisogno. Credo sia l’unica strategia realmente vincente in questo campo.
Influencer marketing? Funziona per gli hotel? Quali sono le collaborazioni più fruttuose che hai fatto? E quali ti piacerebbe concretizzare?
Non amo il termine e in linea di massima non apprezzo lo stile italiano in materia, ma scegliendo bene può portare conversioni.
Da qualche anno collaboro con alcuni blogger e giornalisti di riferimento per il target al quale punto in hotel e devo dire che funziona abbastanza bene. Scelgo in base a lingua, nicchia, qualità dei testi (li condivido soprattutto io sui miei canali social/mail informative pre check-in e devo andarne fiera per farlo…), senza veramente guardare ai numeri. Attribuisco un codice sconto individuale ai singoli blog e monitoro chi converte e in che misura. Di alcune collaborazioni sono realmente molto soddisfatta!
Da tre anni gestisco anche le collaborazioni per Visit Levanto: ospitate individuali mensili, selezionando nicchie e lingue distinte e lasciando liberi i blogger di organizzare soggiorno e attività come meglio credono. Non so dire quanto convertano nel concreto, non potendo monitorare di persona le ospitate delle altre strutture ricettive, ma il fatto di richiedere un post sul loro blog e uno per noi ci sta fornendo ottimi contenuti per target vari e questo è lo scopo principale del progetto.
La voce dei consumatori è sempre più potente e pericolosa. Commenti sgradevoli o recensioni negative? Ti sono mai capitate? Come le hai affrontate e gestite?
Devo dire che me ne sono capitate veramente poche: alcune alquanto surreali e altre molto utili. Le recensioni, in bene e in male, mi hanno sempre fatta crescere e migliorare, danno spunti e talvolta impongono di rivedere alcune scelte di gestione.
Rispondo a tutte, sempre. Di fatto è la prima cosa che faccio la mattina arrivando alla reception e inizio sempre con un grazie… Recensisco anche e mi baso molto su questo per organizzare i miei viaggi.
Con i dovuti filtri, il feedback di chi ha vissuto l’esperienza in prima persona è uno strumento ideale, sia per l’utente che per il gestore. Di fatto il passa parola esiste da sempre e il vantaggio odierno è poterlo monitorare grazie al passaggio online.
Cosa vuol dire essere un brand turistico? Mi spiego meglio, come si combatte o si fa leva sulla reputazione turistica di una località? Quanto influenza la scelta della destinazione da parte dei visitatori? I dati che circolano sono realistici/ affidabili?
Vuol dire riuscire a diventare un punto di riferimento, essere riconoscibili.
Lo si può essere riuscendo a farsi identificare come una “gemma” in una macro destinazione o una meta per una nicchia di attività o ancora per unicità di esperienze o per imbattibilità di esperienze comuni anche ad altre destinazioni.Ci sono persone che visitano solo destinazioni-brand e altre che neppure ci fanno caso, ma sicuramente essere riconoscibili consente di diventare anche ambiti.
Di certo, quando si punta a diventare una destinazione-brand occorre lavorare seriamente al progetto di gestione. Lo preciso perché vedo quanto il marketing di successo spesso sia accompagnato da impreparazione delle destinazioni stesse che hanno investito in comunicazione, ma non nel prodotto. In tali situazioni, il passa parola negativo è un boomerang difficilmente controllabile e molto più rapido di quello positivo.