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L’employer branding: una nuova tecnica di up-selling?

Parliamo di employer branding, come possono le aziende migliorare la percezione del brand da parte dei giovani talentuosi in cerca di lavoro?

In questo periodo di crisi economica e impiegatizia le aziende hanno dovuto ricorrere a nuove modalità di promozione di sè e dei propri prodotti. Ed è in questo contesto che è venuto a svilupparsi l’employer branding, un’attività di marketing che prende spunto dal miglioramento del valore della marca come luogo di lavoro tendendo, più in generale, a sostenere un miglioramento del brand.

L’espressione infatti non è altro che la variante del più tradizionale customer branding una strategia che si riferisce all’insieme di valori che l’azienda riesce ad associare al proprio marchio nella percezione del consumatore attraverso la pubblicità e altri strumenti di comunicazione. Se il customer branding ha lo scopo di conquistare e fidelizzare i clienti, l’employer branding ha lo scopo di acquisire come impiegati i candidati di maggior talento, sottraendoli alla concorrenza, e fidelizzando quelli già acquisiti.

Esistono due tipologie di employer branding: interno ed esterno.

L’employer branding interno: attiene ad azioni di retention ed engagement, utili a fidelizzare i talenti già presenti in azienda. Far percepire ai propri dipendenti che l’attenzione verso di loro è sempre viva è infatti il modo migliore per fidelizzarli e valorizzarne il potenziale. D’altra parte sono le persone a fare il successo di un’azienda ed è a queste persone che bisogna dare delle motivazioni. Un esempio in tal senso è il caso della IBM che ha aperto un blog aziendale per i propri impiegati con lo scopo di dar voce alle loro riflessioni sull’azienda.

L’employer branding esterno: consiste in campagne finalizzate ad attrarre e reclutare laureandi e neolaureati in linea con le esigenze e i valori aziendali. Un esempio di external branding ci viene da Mc Donald’s Italia che nel 2012 ha lanciato uno spot firmato da Gabriele Salvatores in cui vengono rappresentate le policy aziendali di recruitment e retention e in cui il brand viene elevato a datore di lavoro. Il target, cui si rivolge lo spot, riguarda una pluralità di soggetti, dal job-seeker al semplice consumatore con l’obiettivo finale di fornire un’immagine virtuosa di brand e best workplace.

Nella pratica l’employer branding può essere messo in atto mediante:

  • partecipazione a Job Meeting o altre Career Fair;
  • campagne di comunicazione on-line, attività di social networking, email marketing;
  • campagne di comunicazione sugli organi di stampa, articoli, interviste, acquisto di spazi pubblicitari su siti dedicati al recruiting e/o di settore;
  • sponsorizzazione di eventi rivolti al proprio target di riferimento;
  • realizzazione e distribuzione di gadget che possano attirare il target e avvicinarlo al proprio Brand;
  • organizzazione di party o convention adeguatamente brandizzate e correlate al pool da cui si possono attingere i talenti ricercati.

Un primo feedback a questo tipo di attività è rappresentato dal numero e, soprattutto, dalla percentuale di coerenza con il target ricercato dei curricula ricevuti. E’ poi possibile consultare indagini quale l’Employer Brand Positioning Survey in cui viene valutato il posizionamento del brand di alcune principali aziende su tre target critici del mercato del lavoro: Recent Graduates (neolaureati senza una significativa esperienza di lavoro), Young Professionals (con almeno tre anni di esperienza di lavoro) e Senior Professionals (con più di tre anni di esperienza di lavoro).
Questo genere di strategia ad oggi si sta sviluppando sempre di più e moltissime aziende ne fanno uso. Il fenomeno mi interessa particolarmente perchè, essendo una dei tanti giovani che stanno cercando lavoro in questo momento, mi sto rendendo conto di quanti siano i fattori che mi influenzano e inducono a inviare la mia candidatura ad un’azienda piuttosto che ad un’altra.
Forse adesso mi spiego un po’ di più le ragioni del fioccare di presunti graduate program, della presenza di aziende a career day universitari che a parlarci un po’ palesemente dichiarano di non avere al momento posizioni aperte o ancora di annunci di lavoro che appaiono, poi scompaiono e dopo tre mesi ricompaiono.
Tutte queste azioni fanno senza dubbio parte dell’employer branding una strategia imprescindibile per le maggiori aziende che forse in questo modo più che attirare talenti puntano ad aumentare la loro credibilità, acquisire nuovi clienti e aumentare le vendite.

 
 
AUTORE

Beatrice Fagotto

Laureata Magistrale in Marketing e Comunicazione amo il mondo del digitale, la tecnologia in tutte le sue declinazioni e i viaggi. Curiosa, positiva e organizzata cerco continuamente nuovi stimoli e sfide da affrontare. Scrivo prevalentemente di e-commerce, social e web marketing in relazione ad aziende di grandi dimensioni con un occhio di riguardo anche per le start up innovative.
 
 

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